Pratica antica

È una pratica antica, tramandata soprattutto grazie alla tradizione orale, un tempo largamente diffusa tra i pastori del sud

È una pratica antica, tramandata soprattutto grazie alla tradizione orale, un tempo largamente diffusa tra i pastori del sud che erano soliti indicare la pianta da cui si ricavava il caglio con il nome di “erba cada”.

Formaggi, quindi, che fanno a meno del classico caglio ricavato dagli stomaci di giovani agnelli e capretti.

Ciò li rende appetibili a particolari categorie di consumatori come, ad esempio, la maggior parte dei vegetariani, che ammette i prodotti di origine animale solo se ottenuti senza il sacrificio degli stessi.

Oppure gli ebrei secondo cui l’unico formaggio “kosher” è quello al caglio vegetale in quanto le loro regole impediscono di unire nello stesso piatto latticini e parti di animali.

Oltre a queste “nicchie” di mercato, i formaggi al caglio vegetale sono generalmente apprezzati dai consumatori per la loro maggiore delicatezza e digeribilità.

Si tratta comunque, allo stato attuale, di produzioni molto limitate nelle quali non si può certo confidare per il rilancio della produzione lorda vendibile del settore. Sono tuttavia prodotti da salvaguardare e diffondere.

Nella provincia di Taranto esiste una lunghissima tradizione oramai quasi scomparsa di produrre cacioricotta utilizzando il caglio vegetale estratto dai rametti dell’albero di fico.

RICETTA PER REALIZZARE IL CACIORICOTTA

Scaldare il latte misto di capra e pecora fino ad ottenere una leggera ebollizione.

Interrompere e lasciare raffreddare fino a raggiungere 80-85°

momento in cui si aggiunge il caglio vegetale ottenuto dal lattice dei rami di fico.

I rami vengono presi, lavati, sminuzzati e lasciati macerare in acqua per un quarto d’ora;

la soluzione ottenuta viene filtrata e usata per la caseificazione.

Questa tipologia di caglio facilita la caseificazione che avviene in pochissimi minuti e a cui segue il rassodamento.

Procedere con la rottura della cagliata fino ad ottenere una grana delle dimensioni di un chicco di riso

Messo da parte il siero, la cagliata viene estratta e riposta nelle fiscelle;

una parte della produzione si consuma già dopo qualche ora, senza essere sottoposta alla salatura mentre quello da stagionare rimane qualche giorno in più nelle fiscelle.

Dopodiché si estrae da queste e si sala a secco, cospargendo di sale grosso entrambi i lati. Si pone in salamoia all’interno di locali freschi dove raggiunge in una decina di giorni la consistenza adatta per essere grattugiato.

Quando il cacioricotta è fresco si consuma come formaggio da tavola; a seguito di una breve stagionatura risulta invece ottimo per condire i piatti estivi a base di pomodoro fresco oppure gli stufati di verdura.

Cacioricotta del Cilento il formaggio di capra Cilentano

Il Cacioricotta del Cilento è un prodotto riconosciuto anche dai presidi slow food ed è uno dei tanti prodotti caratteristici del territorio. Il cacioricotta è un prodotto lavorato a mano con latte di Capra.

Il Cilento è terra di capre. Macchia mediterranea, arbusti, erbe cespitose, alberi bassi rappresentano il nutrimento ideale per questo animale rustico e vivace.

l’adattamento alle condizioni ambientali dell’area ha anche determinato, nei secoli, la differenziazione di una popolazione autoctona con caratteristiche specifiche.

Questa popolazione, conosciuta come capra del Cilento (o Cilentana), comprende tre sottogruppi, differenziati per il colore del mantello: grigio, fulvo o più spesso nero.

Il sapore unico del prodotto, cioè il cacioricotta di capra bisogna ricordare che e data dalla qualità del latte, grazie al mangiare incontaminato che si trova nella macchia mediterranea del Cilento.

Ti potrebbe interessare anche...