Pecorino della Valle dell’Ancinale


Pecorino della Valle dell’Ancinale – La valle dell’Ancinale, che prende il nome dal fiume Ancinale che la attraversa, esso nasce dal Monte Pecoraro (1423m) nel comune di Serra San Bruno, successivamente attraversa tutta la valle dell’Ancinale e infine sfocia nel Mar Ionio nel comune di Satriano.


Lungo il percorso il fiume attraversa o in alcuni casi semplicemente lambisce i comuni di Serra San Bruno, Spadola, Brognaturo, Simbario, Cardinale, Chiaravalle Centrale, Argusto, Gagliato e Satriano.
L’Ancinale è il principale corso d’acqua delle Serre che racchiude ed esalta i caratteri tipici dei bassi e medi corsi delle fiumare. Si caratterizza per le tipiche conche, presenti in particolare nella parte alta della valle, (dove si trovano i centri abitati di Serra San Bruno, Spadola, Brognaturo, Simbario) di Mongiana e della Lacina sono riconducibili ad antichi bacini lacustri quaternari interrati.
Essa infatti è stato investita da un lentissimo processo di trasformazione sia dal punto di vista naturalistico-ambientale che socioeconomico. In generale si può affermare che il territorio in esame offre situazioni ambientali molto varie, di cui molte pressoché integre dal punto di vista eco-sistemico.

Le specie vegetali predominanti sono partendo dalle parti alte della valle: Pinus nigra (Pino laricio), Alnus glutinosa (Ontano comune), Alnus cordata (Ontano napoletano) in fustaie spontanee che ricoprono tutte le parti vallive,

le zone più fresche e gli alvei fluviali, mentre Fagus selvatica (Faggio) a Abies alba (Abete bianco ) presenti in boschi puri e misti più o meno estesi nelle zone più alte e fredde. )

nelle zone più basse Castanea sativa (Castagno), Quercus ilex (Leccio), Populus alba (Pioppo bianco), Populus tremula (Acero comune) e Robinia pseudoacacia (Robinia) sporadica.
La vegetazione arbustiva è ricca delle più tipiche essenze della macchia mediterranea: Ginestre diverse specie in particolare la scoparia, Erica, Corbezzolo, Mirto, Fillirea, Cisto, Lentisco, Agrifoglio, ecc..

La qualità dei pascoli dovuta alla diversa orografia del territorio, caratterizzata dallo sviluppo di numerose essenze vegetali, che rendono i pascoli un tripudio di biodiversità. In questi terreni nascono spontaneamente anche tante erbe aromatiche officinali come: l’origano, il timo, il rosmarino, la mortella, la calendula, la camomilla, la maggiorana, la cicoria, gli asparagi, il tarassaco, le diverse specie di ginestre, il corbezzolo il finocchio selvatico, la malva e la borraggine.
Disciplinare produttivo

LEGENDA
Termine dialettale (sono riportati solo i più comuni e diffusi).
Attrezzi

1) Caldaia di rame stagnato: Caccavo, Caccamo, Caccù, Caccavu, Caccavello, Pizzenta da Pezzente, Caddara, Caccamu. CRS Tale strumento oggi può essere anche di acciaio.
2) Tavolo inclinato: Chiancu, Rita, Ritedda, Rotula, Ruotula, Mastredda, Mascidda, Mastrella, Mastreja, Vruojina. TFF Tale strumento può essere di legno, acciaio, marmo o granito.
3) Ripiano di legno: Timpagno. RPN
4) Braccio di ferro ad L girevole, che tiene appesa la caldaia: Monaco, Monacu, Lazzarune, Jimmiellu, Majaru, Staccia, Janni. BLCTale strumento può essere anche di legno.
5) Spino: Cunocchia, Minaturi, Misculu, Rojiu, Nocca, Rocca, Rosa, Roddu, Ruotulu, Ruppiquagghiata, Rojo, Schiocca, Rotulu, Scrupulu, Minaturu, Ugliastru, Miscu. BRC

Tale attrezzo può essere di legno (pero selvatico, fico, ulivo selvatico, ecc.), di canna o di altra porzione di vegetale. A volte può presentare un terminale di materiale vegetale che serve per pulire il fondo della caldaia.
6) Cucchiaio di legno: Vitorra, Coccio, Mastra, Cucchiara, Mistra, Quagliatrice, Cucchiera, Quagghiatrice.CDL
7) Contenitore che dà la forma al prodotto con la fuoriuscita del siero Fiscella, Fuscella, Custigna, Fisceddu, Fisceddra, Fasceji, Friscarule, Gustignu, Misulucara, Musulupara, Calamari, Calamaretti.Tale attrezzo può essere di giunco (in genere trattasi del giunco pungente – JuncusAcutus L. – CFS in dialetto vruddu, vrullu, vrudu, vruju, bruju, vruru, gruddu, grudu, gruru, brullu) o di legno (come ad esempio la musulupara).
STORIA
Formaggio di origini molto antiche, in quanto l’area di produzione è da sempre vocata alla pastorizia. La trasformazione era la principale forma di sostentamento per le famiglie contadine. Oggi le tecniche di caseificazione sono migliorate pur mantenendo l’impostazione tradizionale, in modo da garantire formaggi più sani.
Pecorino «Valle dell’Ancinale»
Materia prima: latte ovino, intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo, naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale
Tecnologia di lavorazione: il latte, dopo due mungiture, si filtra munto fino a raggiungere i 20° centigradi, si lascia a riposo per circa un’ora, il tempo necessario alla solidificazione della cagliata. Dopo si riattizza il fuoco, girando

con il mestolo lentamente nella cagliata, fin quando la temperatura non sale intorno ai 40°, temperatura che permette la solidificazione della pastata, detta «zuma» che, dopo essere raccolta, viene messa in contenitori della capienza di Kg 1, Kg 2, Kg 3. Dopo la lievitazione ha inizio il processo curativo per trasformare la «tuma» in formaggio.

Stagionatura: da un mese ad un anno e mezzo (interamente stagionato) circa in un luogo fresco, al riparo dagli agenti esterni, curato di tanto in tanto con una miscela di olio e peperoncino tritato.
Attrezzatura storica: stanza igienica ben piastrellata, focolare murato, recipiente di rame, contenitori di «giunco», vassoio in legno, mestolo.
Caratteristiche del prodotto finito: di colore bianco appena sformato, attraverso la lavorazione e la cura, con il passare del tempo, prende altri colori a seconda delle sostanze con cui si tratta. Rossiccio se trattato con peperoncino tritato misto ad aceto ed olio, giallognolo se trattato solo con il sale.
Il gusto varia a seconda della stagionatura, delicato, se si consuma fresco, piccante e sapido, quando viene consumato stagionato.
Area di produzione: Provincia di Catanzaro ed in particolare nella Valle dell’Ancinale.
Calendario di produzione: in prevalenza da settembre a giugno.
Note: i pascoli sono incontaminati perché la Valle dell’Ancinale non ha subìto la pesante mano dell’uomo e tutto è allo stato naturale.
I locali per la stagionatura e la conservazione, detti «casulari», sono il segreto per la buona riuscita del formaggio.

Come spesso succede, in questi tempi infernali, è stato redatto il disciplinare produttivo, nessuno ha pensato alle deroghe necessarie per poter produrre il latte tradizionale.
L’idea di standardizzare le tipologie gestionali intrapresa dalle ASP, impedisce la produzione di questa fondamentale materia, prima che insieme al caglio e al sale costituisce la base di partenza dei formaggi. L’allevamento tradizionale è per sua natura eco-sostenibile, in quanto utilizza a meglio le risorse presenti sul territorio. Gli ovili erano costruiti in legno o con muri a secco. La mungitura manuale, la possibilità per gli animali di accedere al pascolo libero, crea le vere condizioni di benessere per gli animali.
Attualmente si pronuncia spesso e volentieri il termine benessere animale senza definirne i limiti. L’animale, ha la possibilità di esprimere la propria natura in un contesto tradizionale, in cui viene sottoposto agli stress ambientali dovuti al variare delle stagioni, oppure trova le sue condizioni ideali negli ambienti in cui tutti i parametri sono controllati e stabiliti dall’uomo?

Comunque la microflora del latte è più ricca e variegata nel sistema di allevamento tradizionale, in questo caso è il casaro artigiano che, con il suo sapere è in grado di orientare lo sviluppo della stessa, per deliziare il palato di coloro i quali hanno la fortuna, di entrare il contatto con questi capolavori che, sono le produzioni tradizionali.
Nicola Costa
Già medico veterinario presso UNICZ, ha studiato farmacologia clinica presso l’università di Napoli “Federico II” , collaborato in alcuni studi con il premio Nobel Rita Levi Montalcini . Convinto assertore della necessità di una nuova visione complessiva del modo con cui in Italia si dovrebbe gestire l’intera filiera agroalimentare per tutelarne le peculiarità legate alla biodiversità che nei tempi l’aveva contraddistinta.