PATA NEGRA

Articolo a cura della redazione di ItalyVox

Pata Negra: guida al prosciutto più caro del mondo

Una guida completa al Pata Negra, il prosciutto spagnolo più caro del mondo. Nome, prezzi, cosa dice la legge, come si taglia

Pata Negra: guida al prosciutto più caro del mondo

Duecentocinquanta euro al kg, che moltiplicati per 8 fanno 2.000 cucuzze. È questo il prezzo di uno Jamon Pata Negra Albarragena, l’ex prosciutto spagnolo più caro al mondo, appena superato dall’andaluso Dehesa Maladua.

State buoni, non ho finito coi numeri.

La produzione annuale conta solo 100 unità, i 50 maiali selezionati dall’esperto Manuel Maldonado, proprietario della leggendaria azienda situata in Extremadura, grufolano per due anni in un campo compreso tra i 6 e i 10 ettari per unità, cibandosi esclusivamente di ghiande di leccio, sughero e rovere.

Aggiungete alla conta un affinamento di 48 mesi e avrete una zampa di maiale stagionata che costa quanto uno stipendio.

Tutti soldi ben spesi, mangiare quel prosciutto è un’esperienza che ti segna, e poi lo sanno tutti che gli spagnoli fanno prosciutti più buoni dei nostri, non c’è Sardo o Cinta che tenga.

Pausa.

A questo punto del post, azzardando con l’insiemistica, vi sarete senz’altro divisi in tre gruppi:

1. Quelli che il prosciutto italiano è superiore, e costa pure di meno
2. Quelli che il Pata Negra lo mangiano a colazione, con una grattatina di tartufo bianco
3. Quelli che il Pata Negra non l’hanno mai assaggiato, e vorrebbero saperne di più

Pata negra: è giusto chiamarlo così?

Iniziamo dalle basi: il nomignolo “Pata Negra”, letteralmente “unghia nera”, stava a differenziare i prosciutti di porcelli spagnoli con gli zoccoli scuri. Vuol dire tutto e niente, non ha valore semantico dal punto di vista normativo.

Non tutti i maiali iberici hanno l’unghia nera né l’unghia nera è un’esclusività di questa razza, sono altre le caratteristiche che distinguono un prosciutto spagnolo di qualità, e sono tutte racchiuse in un decreto emanato nel 2014 dal Ministero spagnolo dell’Agricoltura.

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Ci hanno provato in tutti i modi: zoccoli di prosciutti scadenti dipinti di nero, unghie bruciacchiate e un po’ di make-up per far passare prodotti mediocri per merce eccellente e costosa.

A tutelare produttori e consumatori ci pensa un decreto, alleluja, che riconosce solo tre tipi di denominazioni di prosciutto iberico, tutte stabilite in base al tipo di alimentazione dei maiali durante la fase di ingrasso:

Cebo, alimentato con mangimi a base di cereali e leguminose
Prosciutto Iberico De Cebo De Campo, allevato a regime semibrado e combinato di mangimi, foraggi e risorse campestri
Prosciutto Iberico De Bellota: durante la Montanera, il periodo che va da ottobre a dicembre, il maiale vive allo stato brado e si ciba esclusivamente di ghiande di leccio, sughero o rovere.

Un altro fattore cardine per la classificazione del prosciutto iberico è il grado di purezza della razza, vale a dire la percentuale di geni iberici presenti nel maiale.

Il prosciutto 100% Iberico è quello realizzato macellando animali di pura genetica iberica. Ciò significa che i due progenitori, padre e madre, dovranno essere 100% iberici e figurare nel libro genealogico ufficiale.

Soltanto “Iberico” è invece il prosciutto ricavato da animali con almeno il 50% del loro patrimonio genetico di razza pura. Le madri dovranno essere sempre 100% iberiche, ma i padri potranno essere di razza duroc o incrociati iberico-duroc.

Questa classificazione rimanda al nuovo sistema di individuazione mediante sigilli in plastica e divisi per colore.

Quello bianco indica che il maiale è iberico De Cebo, ma con una percentuale di razza iberica del 50 o del 70%, che deve essere sempre indicata sull’etichetta.

Il sigillo verde viene utilizzato per identificare prosciutti iberici De Cebo De Campo, mentre il rosso indica che l’animale è stato alimentato nei pascoli durante la fase di ingrasso, è di razza iberica (al 50% o 75 %) e si è cibato di sole ghiande.

Il sigillo nero è riservato ai prosciutti migliori, i Pata Negra veri, ricavati da maiali 100% iberici puri e alimentati esclusivamente con ghiande.

La Dehesa

È un vocabolo intraducibile, “el bosque humanizado”, così lo chiamano in Spagna.

La Dehesa era un terreno boschivo inadatto alla coltivazione, grazie all’intervento selettivo dell’uomo e alla puntellatura di alberi di quercia, si è trasformata nel pascolo ideale, un Eden dispensatore di frutti zuccherini e saporiti: le ghiande, in spagnolo bellotas

Durante il periodo della Montanera, che corrisponde agli ultimi mesi dell’anno, i maiali fanno il pieno di erbe e acido oleico, la stessa sostanza presente nelle olive. Il gusto si insinua lentamente nel grasso degli animali, al punto che gli spagnoli chiamano i maiali iberici “olive con le zampe”.

Il consumo del maiale varia in funzione del suo peso, mediamente si considerano da 6 ai 10 kg al giorno per animale, oltre a circa 3 kg d’erba e erbette aromatiche, come il timo ed il rosmarino.

Produzione e stagionatura

Il “porco di razza Alentejana” è un siluro di grasso su gambe sottili.

La Denominazione di Origine conta 4 regioni: a nord, la Salamanca e la città di Guijuelo, a est la provincia di Huelva e in particolare la città di JabugoValle de Los Pedrochas è denominazione meno conosciuta, il viaggio termina ai confini con l’Andalusìa, nella regione dell‘Extremadura, dove la lavorazione dei prodotti iberici è particolarmente estesa (quasi un milione d’ettari di dehesa per 1500 allevamenti).

Le principali zone di trasfomazione si ritrovano sulle sierra del sud ovest di BadajozIbor e VilluercasGredos SurSierra de Montánchez e Sierra de San Pedro.

Processo di elaborazione delle carni

Il processo di elaborazione delle carni avviene in 4 fasi.

Salatura e lavaggio

Dopo la macellazione, i prosciutti vengono ricoperti di sale marino per una settimana o dieci giorni, a seconda del peso. La temperatura di stazionamento può oscillare tra 1º e 5ºC, l’ umidità all’ 80 o 90%.

Trascorso questo tempo, i prosciutti vengono lavati con acqua tiepida, per eliminare ogni traccia di sale.

Riposo

Le cosce lavate trascorrono dai 30 ai 60 giorni ad una temperatura che oscilla tra i 3º ed i 6º, in questa fase il sale si distribuisce in maniera uniforme, innescando il  delicato processo disidratazione e conservazione.

Essiccatura e maturazione

I pezzi vengono trasferiti in un essiccatoio naturale nel quale l’umidità e la temperatura sono controllati tramite meccanismi di ventilazione manuali. La temperatura oscilla tra i 15º ed i 30º, durante i 6 – 9 mesi successivi il prosciutto continua a disidratarsi e trasudare, diffondendo il grasso tra le fibre muscolari.

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Invecchiamento

I prosciutti trascorrono dai 6 ai 30 mesi in cantina, la bodega. La temperatura può oscillare tra i 10º ed i 20ºC, e l’umidità relativa si attesta tra il 60 e l’80%.

In questa fase l’attività della flora microbica si aggiunge ai processi biochimici iniziati durante la stagionatura, processi che conferiranno l’aroma peculiare e il sapore finale del prosciutto.

Lo specialista vero, impara a tagliarlo da sé, o alla peggio lascia fare alla mano esperta del Cortador, il tagliatore di prosciutto.

E gode dell’estetica codificata di certi gesti tentando di rubarne i segreti.

E poi, diciamo la verità, il taglio a macchina è roba da pivelli, in più produce frizione e riscaldamento, tutte cose che rovinano l’aspetto e le fette di prosciutto risultanti.

Importante: il prosciutto deve essere consumato a temperatura ambiente, preferibilmente intorno ai 21°. Soltanto a questa temperatura potrete scorgere il brillìo del grasso naturale, quando il prosciutto è freddo risulta opaco e perde punti-fascino.

I più volenterosi possono porzionare il prosciutto con le proprie manine, seguendo questa procedura:

1. Collocare il prosciutto

Il porta prosciutto deve essere collocato ad un’altezza e in una posizione che agevoli il taglio, senza forzare i movimenti né la posizione del corpo.

Se pensate di consumare tutto il prosciutto in poco tempo, ingordi che non siete altro, iniziate ad affettarlo dalla parte centrale, anche detta fiocco (maza).

Se invece volete prolungare il piacere per più di 2 giorni, cominciate ad affettare il prosciutto dalla zona del cosciotto (Babilla).

2. Pulire il prosciutto

Nell’ordine: togliere la cotenna e il grasso esterno che ricoprono questa zona, insistere sino a quando appare la fibra muscolare.

La parte esterna del prosciutto è ricoperta di muffe ed essudati naturali, frutto del processo di asciugatura e stagionatura, tutte impurità e nefandezze che devono essere eliminate dal contorno della zona di taglio, rischio retrogusto di rancido durante l’assaggio.

3. Affettare

Tagliare il prosciutto a fettine molto sottili, quasi trasparenti, rispettando la larghezza del prosciutto e non superando i 6/7 cm di lunghezza. Man mano che si taglia, rimuovere dai bordi la cotenna ed il grasso esterno.

I tagli saranno sempre paralleli tra loro e in direzione contraria all’unghia, lasciate sempre alla vista una superficie piana, senza striature.

Arrivati all’osso dell’anchetta, fate un taglio profondo intorno all’osso in modo che le fette vengano fuori belle pulite.

La carne più vicina alle ossa non va affettata, ma tagliata a dadini: potrete usare i preziosi cubetti nella preparazione di brodi e stracotti.

Quando avrete divorato la parte del fiocco, girate il prosciutto, rivolgendo l’unghia verso il basso. Disponete le fette in un piatto, in un unico strato o leggermente sovrapposte.

La degustazione

Esame visivo: il prosciutto spagnolo dei sogni ha una forma allungata, lo zoccolo nero o scuro, le ossa abbastanza sottili, il tutto ricoperto da un velo sottile di muffe.

Eliminata la cotenna, si può intravedere un primo strato di grasso giallognolo, e man mano che l’atmosfera si scalda e si inizia a preparare il pezzo per l’affettatura, si può osservare una bella quantità di grasso bianco attaccato ai muscoli, sviluppatosi durante il periodo di Montanera.

Se il tono di questo grasso vira sul rosa significa che abbiamo un gran cu.., ahem fortuna, e ci troviamo di fronte ad un prosciutto di quelli da incorniciare.

Anche il magro dice la sua: nelle zone meno stagionate e a temperatura ambiente, un buon prosciutto ha un colore rosso o rosa intenso,  brillante per l’effetto del grasso intramuscolare, e ricoperto da tutta una mirabolante serie di amminoacidi cristallizzati.

Aroma

Tutto dipende dall’alimentazione dei maiali in regime di montanera e dal tempo e le condizioni ambientali durante la stagionatura. Anche il punto di sale ricopre una parte importante, quando è equilibrato asseconda la percezione di tutte le sfumature profumate.

Consistenza

Gli elementi da valutare sono tre.

La succosità, prodotta per effetto combinato del grasso e di un contenuto equilibrato di sale.

La secchezza, che tende ad aumentare se il pezzo è stato esposto a un periodo di maturazione eccessivo e, in tutti i prosciutti, si concentra nella parte più superficiale.

La quantità di fibra contenuta nel prosciutto: se il prosciutto è buono, avrà meno contenuto fibroso e più grasso fluido.

Gusto

Finalmente si mangia.

Assaporando la fibra tenera ed untuosa, scioglievole come nessun prosciutto al mondo potrà essere, coglierete note stagionate che ricordano le erbe selvatiche, il fungo, il tartufo, che aumentano di intensità e complessità a seconda della stagionatura.

Oppure mangerete senza percepire nessuna di queste cose, chissenefrega dei sentori, l’importante è godere.

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