NONNI SILENZIOSI

di Cristiano Sandona’

Anziani sempre più soli, talvolta maltrattati, anziani che vivono in uno stato di disinteresse generale, abbandonati dalla società e lasciati al proprio destino come canne al vento.

Nonni silenziosi, che parlano al sole quando gli va bene, oppure ricamano quadri di fantasia sull’intonaco ormai marcio delle quattro mura che sono costretti a chiamare amiche.  

Nonni silenziosi

Eppure, una volta, c’era un tempo nel quale i nonni non erano degli scatoloni abbandonati, erano scatole piene, traboccanti, dalle quali attingere a piene mani

a seconda delle esigenze, anziani che con i loro ricordi e il loro sapere mantenevano in vita anche ciò che ci aveva preceduto e lasciato.

Mantenevano in vita parole, poesie, ricordi, saggezza, profumi, sapori e raccontavano la storia, quella vera, vissuta sulla propria pelle e vista con i propri occhi.

Non erano anziani soli, vivevano nell’ambiente famigliare, erano punti di riferimento per figli e nipoti

rocce pronte ad affrontare qualsiasi tempesta senza muoversi di un centimetro. 

Nonni cresciuti a pane e vita, senza neanche aver studiato molto, ma possedevano quella coscienza ormai dimenticata riposta nel valore emotivo della famiglia

Nonni silenziosi

Diventavano così maestri ed educatori, per trasmettere ai più giovani quella memoria storica capace di costruire cittadini che sentano e vivano i valori che a essi sono stati trasmessi, per carpire il grande frutto dell’esperienza vissuta: alcune volte tragica, alcune volte esaltante, a volte indotta e altre dal sapore ribelle.


Oggi, questi stessi anziani, queste fonti di ricchezza – anche economica – e di saggezza, che un tempo chiamavamo nonni, finiscono i loro ultimi anni di vita nella solitudine, nell’abbandono e nel disagio più totale.

I più fortunati in case di riposo con rette da capogiro.

Vittime di un sistema dove non c’è più posto per gli ultimi, per i malati, per chi non riesce a stare al passo coi tempi

Vittime di una società vinta dal ritmo del successo e dal superamento dei valori passati

trascura quelli più intimi e tradizionali, per effetto di un’evoluzione umana sempre più terrificante.

viviamo in una società senza scrupoli, che emargina e discrimina le persone

Nonni silenziosi

quando queste, dopo una vita di duro lavoro, non servono più

anzi vengono considerate a tutti gli effetti una zavorra per un apparato socio-economico

Altro che esseri umani, siamo diventati esseri usati e gettati.

È anche vero che molti anziani, per via delle polipatologie cronico-degenerative e cronico-invalidanti sempre in aumento,  necessitano di cure e di professionisti al loro fianco, capaci di curarli e sostenerli.

Ma anche in questo caso l’abbandono non è giustificato.

Per una persona anziana l’abitazione è una parte importante della loro quotidianità e con l’avanzare degli anni acquisisce sempre maggiore importanza.

Lo stesso Papa Francesco, tempo fa, ha portato all’attenzione generale il tema degli anziani e delle case di riposo. A tal proposito ha dichiarato

Abbandonare gli anziani è peccato mortale

Una pratica, quella dell’abbandono degli anziani, che era diffusa millenni fa, quando il senilicidio si manifestava nelle società nomadi di cacciatori-raccoglitori. 

Ma nella nostra società progressista, che ha tutto, e tutto tritura e consuma, quale “pericolo” rappresentano gli anziani? Sono forse diventati un ostacolo per il nostro tempo mai sufficiente, un intralcio nella nostra folle corsa del mondo postmoderno?

Del resto, se non abbiamo tempo per noi stessi, per i nostri figli, per ascoltare gli amici, se non abbiamo tempo per coltivare le nostre passioni, inseguire i nostri sogni, per fare l’amore con lentezza,

come possiamo avere del tempo per i nostri nonni?

Et voilà: anziani soli,  nonni dimenticati, con addosso la “malattia” più grave: l’abbandono. 

L’ingiustizia più grande che una persona anziana possa subire, dopo tutto quello che ha dato

Pensate che in Giappone sono molti gli anziani a preferire la galera al destino crudele della solitudine da abbandono.

Così ti ritrovi l’anziano che rubacchia qualcosa per finire in una comunità, quella carceraria, che non sarà la più confortevole delle situazioni, ma certamente migliore di un’esistenza vuota e solitaria.

Andrà tutto bene

era lo slogan durante la fase di lockdown che abbiamo superato. Una regola che, a quanto pare, non vale per gli anziani soli, sempre più abbandonati come oggetti nelle residenze sanitarie assistenziali (rsa), sempre più imprigionati, legati, a tal punto da tirare in ballo quella parola, “lager”,  che rievoca memorie storiche terrificanti.

Proprio quelle memorie storiche che noi, come generazione, stiamo perdendo giorno dopo giorno, insieme alla nostra identità, alla cultura e alle tradizioni che i nostri cari nonni ci avrebbero voluto raccontare ancora una volta; se solo avessimo avuto il tempo di ascoltarli.

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