L’OPERA DI DANTE


L’opera di Dante Alighieri, oggetto di meraviglia e ammirazione del palcoscenico letterario medievale, e sentita ancora oggi come efficace strumento di ricerca degli indizi di una civiltà in via di uno sviluppo progressivo ai margini del Risorgimento,
di Christian Rizza

imbrogliata del proprio motivo originale diventa elemento utile nell’intento di restituire un’idea chiara e ben definita dei prodotti caseari, tradotto in una visione completa dei caratteri distintivi avvalendosi, con fare fraudolento, dei luoghi immaginari descritti nella Divina Commedia,
trasferiti alla capacità inventiva dell’arte del fare formaggio, individuando con essa le nozioni necessarie e indispensabili .
Dove Dante ,in compagnia di Virgilio ,inizia il suo viaggio tra selve oscure e demoniache presenze, per antonomasia prende il via il nostro percorso
animati da un senso di leggerezza e viziosa compiacenza del palato, attraverso la stragrande varietà dei formaggi ,individuando le nozioni fondamentali con metodo inconsueto e personale .

Frutto di invenzione artistica e ricca di motivi bizzarri e fantastici ,un enorme fattoria eredita il ruolo delle corone infernali
dove i custodi mitologici, descritti nel poema con aspetti terrificanti e gravi, diventano tenaci pastori e sapienti casari
restituendo le cognizioni fondamentali dei formaggi come strumenti utili per avanzare una ripartizione in gruppi a partire dall’origine della lattifera fino alle tecniche di lavorazione.

Nel mezzo di nostra vita, all’incirca verso i 50 , entrai in una bramata casera ,che la sana dieta era ormai abbandonata, non so spiegare
come vi sono entrato tanta era la fame e la voglia di grasse tome , ma quando ne fui dentro alzai lo sguardo e vidi una ricca tavola imbandita con Gorgonzola e Parmigiano che di ogni uomo rende felice la propria pancia.

Fra una tavola e un bancone ecco apparire una capra ,snella e agile, e subito dopo una vacca dal muso grande e coda lunga, ma quando vidi dietro alla stalla una pecora appena munta
persi ogni speranza di tornare snello a casa.
E come colui che mangia volentieri , e poi arriva il tempo della bilancia , piange e si rattrista vedendo l’ago avanzare verso l’alto.
Mentre sulla sedia scivolavo ,vidi qualcuno nella penombra di quel luogo ,e gli gridai
“portami formaggi ,chiunque tu sia , che di fame sto morendo”
.. Da lontano mi rispose con voce brilla
“sono Virgilio l’oste del posto ,e verso i Canti del mio latte Ti condurrò che di formaggi assai poco Tu sai”.
“afferrate ogni forma ,voi che entrate qui”
queste parole scritte col bianco latte, vidi scritte in cima a una porta e all’oste mio compagno ne chiesi il senso ,Virgilio come buon padrone di osteria mi rispose
“Qui si mangia ,non si dorme, ogni piatto in fretta via va a finir per la bocca,
siamo giunti nel luogo che ti dissi ,qui vedrai pance grasse che la dieta han perduto”
così dicendo mi prese per mano e la passammo oltre l’uscio.
Ed ecco che un vecchio con un grembiule allacciato alla meglio si avvicinò gridando
“Guai a Voi ,uomini magri, non sperate mai di poter allacciare ancora le vostre corte cinture ,io vengo ad ingrassarvi senza vergogna e con gran piacere”
e Virgilio gli rispose
“ Caronte ,mio buon commesso, non ti preoccupare , siamo golosi e pasticcioni , e il buon formaggio ci prendiamo”.
“ora iniziamo a imparare dell’ arte dei formaggi”
cominciò Virgilio e procedendo con passo svelto disse
“andiamo ,poiché casari non si nasce e lunga è la strada per diventarci”,
così dicendo mi introdusse in un stalla che circondava la casera;
qui stando ad ascoltare ,si sentivano solo i sospiri delle vacche stanche e delle arzille
capre ,in compagnia di pigre bufale e di sazie pecore ,tutte in attesa di esser munte .
Mentre Virgilio parlava degli ospiti,si continuava a camminare fino alle soglie di un castello cinto da alte mura e affiancato da un bel ruscello.
“ O Tu che fai onore alla cucina e all’arte delle Tome chi sono costoro che vivono fra quelle torri?”
domandai a Virgilio che mi rispose
“La fama eccellente di pastori qui li ha condotti ,e ora offrono la propria esperienza alla mia bella locanda”..
“rendete onore al nostro Oste “
udii da lontano ,mentre in quattro si avvicinavano a con gran passo..
Omero ,il più grande di tutti i pastori, Orazio esperto dei pascoli, seguiti infine da Ovidio e Lucano.
Così vidi radunarsi la bella scuola tutta per me rendendomi allievo di un’arte antica.
In questo modo procedemmo fino a un grande prato dove ,in attesa di esser munte, c’erano tutte quante le lattifere nel mezzo di bella erba verde.
Una per una, Omero le Vacche ,Orazio le Bufale, Ovidio e Lucano le più minute, con cotanta attenzione di pulito e amore per l’igiene da ogni singola lattifera iniziarono a estrarre il bianco frutto delle mammelle, destinandolo in capaci e ampi secchi.
Così lasciammo i pastori ,per raggiungere una seconda stalla esterna alla prima ,dove ad aspettarci vi era un gran signore fatto giudice del latte destinandolo a buon fine, e quando mi vide ,tralasciando per un momento il suo lavoro mi disse
“E Tu che vieni in questo luogo di chiassosa voglia di stracchini, bada a chi Ti affidi, sa esser caro in moneta”..
e Virgilio gli rispose
“ma che gridi, non interferire, Lui ha deciso per il suo pasto, quindi non dir
quanta gente ,tutta in corsa ,e con lussuria a mangiar col cucchiaio la cremosa gorgonzola, ivi vi trovai due amanti ,amici miei, eran Francesca ,dolce e tonda, col mai sazio ma taciturno Paolo da Firenze.
Eran piegati su una forma intera e si leccavan anche le dita.
Sopraffatto dai miei sensi , qui io svenni ,per ritrovarmi in un’altra stalla a ciel aperto ,con una pioggia che di latte mi pareva e un cagnone che al nome “cerbero” rispondeva, a far la guardia a tre formaggi a cui un tal Ciacco ,golosone la cui colpa stava in gola, già tentava di morsicare.

Il Puzzone di Moena è un prodotto caseario tipico di Moena e, più in generale, della Val di Fassa, della Val di Fiemme e della Valle di Primiero (TN), in Trentino-Alto Adige
Il più a destra di “Moena era il Puzzone” gran formaggio a latte crudo; quello in mezzo dal Piemonte, fra le terre del Roero e le colline
astigiane, che di Bra porta il nome con il latte fra il cotto e il crudo ;

più a sinistra ,un po’ più in basso e un po’ nascosto per timore di sfigurare ,con il latte bruciacchiato dalle terre di Belluno era il Piave a far forma.

Ci stava Pluto con voce roca a inveire nella Quarta stalla ,fra spilorci e spendaccioni che spingevano grosse forme di Parmigiano ,gli uni in un verso opposto agli altri ,fino a scontarsi e urlare i primi
“ perché le fate rotolare ?
” e questi “ perché le stringete ?”
..domandai allora
“maestro mio che gente à questa”

“Ora è tempo di andare avanti, non possiamo stare oltre , altre cose devi imparare”
Proseguendo fra le stalle , fra la Quarta e la Quinta ,una palude le divideva , sullo sfondo un’alta torre con due fiamme ai due lati, e nel
mentre che ammiravo fu veloce una barca a passare tra le acque ,
” finalmente sei arrivato”
urlò il timoniere al saggio oste ,che rispose
“Flegias ,Tu gridi invano , con Te attraverseremo la palude, ma con te non verremo a pranzare
così ardendo d’ira il timoniere ci condusse
sull’altra sponda dove stavan tante genti a far la coda per entrare.
Passammo davanti a tutti ,fra proteste e schiamazzi ,ma qualcuno ci aveva raccomandati, e in cima alla torre arrivammo ,dove ci stavan due bracieri ,uno con una grande fiamma su cui ci stava un gran pentolone con il bianco caglio ,che diventava pronto per far Parmigiano;
il secondo ,la cui fiamma era bassa ,col calderone d’uguale pasta si apprestava a far Pecorini ;

infine in disparte ,non vicino a fuoco e fiamma un’altra pasta ,per portare Quartiroli e o Squacqueroni..

“eppure è inevitabile, noi diverremo ancor più grassi e tondi a suon di assaggi e merende”
con queste parole superammo gli altri commensali e facemmo ingresso in una stalla grande tanto una città..
“Dite” si chiamava, era la sesta che trovammo. Il mio sguardo fu presto attratto verso un
punto, dove si erano affacciate tre pastorelle insozzate tutte di latte, Megera ,Aletto e Tisifone ,ciascuna si occupava delle bianche paste formaggiose ,che con fare sapientoso portavano a essere dure, molli o in via di mezzo

per esporre sul bancone quelle vecchie e dure di Asiago, quelle molli di Taleggio e quelle che delle Valli son ribelli che stan fra il molle e il duro.

Qui ogni affamato è sfamato col suo gusto e le stoviglie tornano al posto sempre vuote.
A quel punto il mio oste si incamminò dentro la settima stalla ,fino a pararsi davanti a un matto casaro chiamato Minotauro, che al sol vederci prese a morsi una caciotta come colui che è sopraffatto dalla fame.
“forse credi che qui ci sian degli uomini sazi? Anche noi ne vogliamo”

così Virgilio gridò verso di Lui, che in tutta risposta gli indicò tre stalle minori.

La prima dove il latte caldo scorreva a fiumi e nascevano mascarponi e false ricotte, la seconda con più di mille
fra grassi e poco meno ,venivan fuori le Fontine e le Tome , nella terza ,in verità miserella ,formaggi a
fiocchi e scamorze.

“così come Tu vedi ,da questa parte dove passa il ricco latte ,ci stanno le cose buone , e man mano che il grasso scende giù,
beh .. Fai Tu che segui dieta…”


Ecco l’Ottava stalla , più pareva una cantina con formaggi di ogni forma fra le quali dalle Orobiche valli lo Strachitunt, per i golfi sorrentini le Mozzarelle, per le montagne del Montasio, e le colline del Parmigiano

fra gli occhi delle valli elvetiche in grandi forme, per tornare nelle bergamasche valli col il nome di Taleggio e per finir in quelle ricoperte da bianche muffe della vicina Provenza.

“ né i tartari né i turchi produssero mai
tanta roba , e Geirone ,figliol prodigio del gran casaro, ne è il sommo custode. E mentre guardavo tra quelle , ne vidi un’altra che tra tutte era più bianca di un’oca , stava ancora in un secchio senza forma , ma di certo era fatta di sol grasso ..”
cosa fai Tu ,non ne vuoi forse assaggiare?
‘Si chiama Burro e col pane si porta alla bocca oltre che a condir le paste fa tanta roba”

A quel punto storse la bocca e tirò fuori la lingua, come un bue che si lecchi il naso.
Procedemmo ancor, senza parlare, che la bocca era piena, e dove c’era una fioca luce ci incamminammo a lungo insieme a tanti dal buon gusto assai viziati ,certo è vero tutto quanto ho assaggiato ancor più vero ho preso peso ,sempre meglio che esser capre o ancor peggio pecorelle ,che con erba fan pranzo per arrivare fino a cena.
Non più stalla ,ma cantina ,tanto buia si pareva in silenzio a riposare e invecchiare ci passavan tutti i latticini,
per la prima che trovammo, e in tutto eran quattro, ci passan molto in fretta , poche ore o qualche dì, per la seconda per lo meno erano quindici i soli persi fino a contarne anche sessanta;
ma nulla era della terza che a quelli se ne aggiungevano per tre;
e cosa dire di
quelli che ci restavano ancor di più.
Poi ,con lo sguardo giù per terra ,l’oste mi disse
“Stà attento dove cammini: cerca di non calpestare le forme di Sogliano di quelle che stann sulle assi furono sorelle”

e giù vidi delle sacche formaggiose a riposar sotto il suolo.
Un Tal grassone con bastone e spazzolone ,in questi luoghi razzolava , olezzava di formaggi per il tempo che passava fra le tome vecchie e dure,
“ Lucifero” domandò il mai sazio Virgilio “Che si mangia a quest’ora ?”

Ormai giunti alla fine ,fu il momento di far conti, in fronte a me la cassa aprì , e il borsellino mi svuotò
per lasciarmi tra gli occhi ,quelle amare che son le lacrime , ma vuoi dire cosa vale con l’aver la pancia piena.