“LE AVVENTURE DI HEIDI”

Ora di merenda di tanti anni fa, non potevano mancare Pane, burro, marmellata e “Le avventure di Heidi” davanti a un vecchio televisore dalle dimensioni di un baule ..

di Christian Rizza

Heidi incontenibile forza di vita e le caprette di Peter su per i monti, il Nonno burbero montanaro, Clara l’amica da salvare e la signorina Rottermeier la terribile e antipatica governante

protagonisti del Romanzo di Joanna Spyri pubblicato alla fine del 1880 e ambientato fra il Canton Grigioni in Svizzera e la tedesca Francoforte

trasformato in una serie animata nel 1974 per diventare un luogo immaginario di noi bambini di allora

che ci apprestiamo oggi ,chi più chi meno, a cavalcare l’onda dei 50 con un senso di nostalgia verso quel “mezzo secolo fa”.

Dotata di un’anima viva fatta di montagne innevate, boschi e cascate la Confederazione Elvetica ricorda per molti aspetti la più piccola regione italiana, la Valle d’Aosta

e , nell’immaginario collettivo di quelli come me, lontani dagli anni 2000

è assai probabile ritornare col pensiero a quelle scene fatte di bianco e nero, ma colorate di emozioni vere.

Figurativa di rara bellezza fiabesca sviluppata sulla valle disegnata dalla Dora Baltea e cinta dalle maestose vette della Catena Alpina

la Valle d’Aosta, rivela una realtà materiale e sociale
con caratteristiche culturali ed etniche comuni alle terre elvetiche; dominata da castelli medievali, è intimamente inserita nell’esaltante azione di fantasia dell’antica città di Cordelia
fondata in seguito al insediamento di tribù di origine celtica integratesi con le popolazioni proprie e particolari

offrendo un’identità precisa ai Salassi come collettività omogenea

fiera del proprio essere e costretta alla passiva sovranità solo dalla Roma Repubblicana capace a Sua volta e in qualunque luogo

di incidere sul granitico muro della memoria opere e monumenti, come indizio indubitabile della propria grandezza. “Augusta Praetoria Salassorum”

colonia dell’antica urbe ,fondata nel 25 a.C. anticipatrice della nascente Via Gallia rimane oggi custode dei tesori architettonici romani

Augusta Praetoria Salassorum era il nome completo della colonia, forse ascritta alla Tribus Sergia, voluta da Augusto, a guardia dei nodi viari entro le valli alpine. Nella Regio XI infatti, la Valle d’Aosta, con i passi del Piccolo e del Gran San Bernardo, dominava i percorsi verso i paesi d’oltralpe.

partecipe di un giardino botanico alpino districato ai piedi del Gruppo del Gran Paradiso ,del Monte Bianco, del Cervino e del Monte Rosa

l’antica “Roma delle Alpi” è scrigno di un complesso passato, specchio di un carattere distintivo di un popolo riconosciuto, già in epoca medievale

attraverso uno Statuto Speciale, volto a restituire una posizione giuridica priva di ingerenze esterne

e definitivamente ratificato con la “Charte des Franchis” del 1191 concessa e firmata da Tommaso I di Savoia

Tommaso I di Savoia

e condizione, dalla cui esistenza, la Valle d’Aosta rimane oggi una Regione autonoma.

Le tipiche dimore dei Signori feudali ,erette a difesa delle strette vie di comunicazione

e testimoni di tenaci resistenze di cui lo stesso Napoleone ne deve fare esperienza

in relazione di convivenza delle opere architettoniche romane ,volte a impressionare e a destare timore

restituiscono a questi luoghi un’atmosfera capace di prospettare un’idea vaga ma attraente

e ricca di partecipazione emotiva dove trovano spazio storie e leggende legate all’insieme degli usi e costumi popolari.

Il fenomeno culturale della montagna trova nei derivati del latte un elemento di sostegno fondamentale ,spesso raffigurato in opere d’arte e in racconti di fantasia;

Le decorazioni dei porticati del Castello d’Issogne

ne sono un magnifico esempio le decorazioni dei porticati del Castello d’Issogne realizzate nel tardo Quattrocento

testimoni di scene di vita quotidiana con botteghe artigianali del tempo nelle quali trovano posto alcune forme di formaggio dalle fattezze della conosciuta Fontina.

l’Ommo Sarvadzo

L’opera figurativa ispirata a “l’Ommo Sarvadzo” si aggiunge alla tradizione montanara , fissando l’attenzione rapporti fra gli abitanti dei villaggi e un singolare personaggio del bosco ,capace casaro ,esperto conoscitore della natura e pratico pastore:

sospinto da animo buono e generoso insegna agli uomini dei villaggi l’arte del saper fare formaggi ma fatto oggetto di scherno per il suo aspetto e vittima dell’ignoranza altrui

si allontana per sempre dalle case lasciando di se solo il ricordo di un individuo primitivo sorretto da un bastone ,mezzo uomo e mezza
bestia.

Il complesso dei motivi, ispirati dalle immagini degli affreschi e dalle leggende del luogo ,inquadrano l’importanza del formaggio nell’economia e nella cultura alimentare valdostana entità geografica particolarmente ricca di specie vegetali dotate di un insieme di caratteri organolettici esemplari, restituiti dalla lavorazione del latte e dei suoi derivati .

In questa realtà, le lattifere vivono una duplice esperienza asservita al ciclo delle stagioni, dove nei mesi invernali la stabulazione nelle stalle del fondovalle assiste gli animali con un luogo confortevole e protetto dalle rigide temperature mentre gli alti pascoli, in presenza di Peter e Heidi, restituiscono nei mesi più caldi il miglior
rendimento qualitativo delle produzioni casearie.

I segreti di queste produzioni ,insegnati alla piccola protagonista del romanzo dal Nonno, sono celebrati in realtà secolari rappresentando una autentica esaltazione del talento inventivo dell’uomo.

Con figura retorica ,l’antica via Romana delle Gallie ,sotto lo sguardo attento dei Castelli medievali, segue un percorso tracciato nelle epoche dal complesso di conoscenze,
determinato dal bisogno di soddisfare le comuni esigenze, stimolando la percezione di uno stato di coscienza assorto dal fascino del costituirsi iniziale di lavorazioni casearie,

anticipando gli aspetti di una distinta ed estesa nota di formaggi vincolati e obbligati reciprocamente al territorio.

Le prime luci del XIII secolo si riflettono su un formaggio il cui nome deriva da nobili famiglie o ,con ragionevole dubbio, da un alpeggio chiamato “Fontin”

La fontina Valdostana

La “Fontina Valdostana” intimamente correlata ai luoghi montani della Regione prodotta esclusivamente con latte intero e crudo di vacche autoctone conservatrice dei profumi intensi della flora locale.

L’ampia pubblicazione medievale ,compilata da Pantaleone, offre informazioni attendibili su un’eccellenza dell’Alta valle di Ayas costernata da splendidi esempi di architettura rurale del XV secolo, inserite in un contesto di prati a cornice dei ghiacciai del Monte Rosa :

il Fromadzo della Valle d’Aosta

il “Fromadzo della Valle d’Aosta”, censito nei moderni disciplinari e prodotto con latte proveniente da più mungiture

all’uso contadino di sfruttare al meglio le risorse disponibili, è un formaggio che destina la sua parte nobile grassa alla produzione del Burro,indispensabile
risorsa dell’economia agreste.

Il verbo franco-provenzale “Reblètchi” racconta una pratica furtiva dei mandriani dei lontani tempi, con la quale una certa quantità di latte ,ottenuta da una seconda mungitura, sfuggiva alle imposizioni fiscali.

Caratterizzato da un contenuto ricco e grasso è un formaggio fresco, destinato per la maggiore al consumo familiare

tipico della Valpelline nella quale possiamo ammirare il monumentale acquedotto medievale del “Grand Arvou“.

Il ponte acquedotto di Grand Arvou è un ponte acquedotto di epoca medievale che si trova in località Chiou a Porossan, frazione di Aosta, tra le località di Neyves e di Chiou. Costruito sopra a una stretta gola scavata dal torrente Parléaz, il ponte acquedotto è percorso da un lungo corridoio coperto da un tetto in lose

“Sente Colomba ,manda de Brossa tanquè pe lènponda” :

commossa preghiera sottolineata dall’urgenza degli “arpian” impegnati nel duro lavoro sugli alpeggi, confidando in raccolte abbondanti .

La Brossa è un prodotto caseario derivato dal siero residuo della lavorazione dei formaggi con l’aggiunta di aceto e acido citrico. Prodotta in Valle d’Aosta, va conservata ad una temperatura di 4°, viene da sempre abbinata alla polenta

Questa invocazione anticipa la preparazione della “Brossa” un latticino ottenuto dal siero del latte e solito accompagnare le pietanze , le cui radici cadono nelle tradizioni secolari, restituendo a questo prodotto il pieno titolo di produzione agroalimentare tradizionale.

Spartiacque fra Italia e Francia, sotto i comuni di Gressoney e di Gaby e magnificata dal castello dei Savoia ,la Valle del Lys condivide la tradizione di una toma dei pascoli estivi

prodotta con latte crudo e munto a mano e caratteristico della cultura contadina Walser ,solita a destinare il grasso affiorato alla produzione del burro .

Questi sono solo alcuni esempi dell’arte casearia della Valle d’Aosta, appartenuta nel tempo ai Savoia

e passata sotto il Regno della Sardegna e in seguito annessa all’Impero Francese sotto le armi di Napoleone
un’espressione del saper fare montanaro definito da un pensiero pratico dell’attività conoscitiva in risultato dell’esperienza
acquisita nell’evolversi delle ere.

La tradizione dei formaggi d’alpeggio accompagna i valori del sacrificio e del duro lavoro, restituendo soddisfazioni attraverso la schiettezza di uno stile di vita sano e
consapevole, figlio di una cultura antica degna di lode e ammirazione .

Le avventure della piccola Heidi ,accudita con i sacrificio del Nonno , rappresentano un invito insistente verso uno stile di vita più semplice, separato dalle tentazioni della modernità e più incline ai valori della famiglia.

Il bisogno di tornare sulla via del passato nel tentativo di riscoprire quei colori della vita ,oggi un po’ dimenticati e trascurati , diventa una priorità nel segno di un epoca
storica povera di sentimento e dedizione..

Ti potrebbe interessare anche...