La produzione del formaggio

La produzione del formaggio ha origini antichissime, la tradizione  vuole che nell’antichità un pastore avesse messo del latte in uno stomaco di pecora  in cui era rimasto del caglio


Origini della produzione del formaggio dall’antichità ai tempi moderni

La produzione del formaggio ha origini antichissime, la tradizione  vuole che nell’antichità un pastore avesse messo del latte in uno stomaco di pecora  in cui era rimasto del caglio

latte che poi si trasformò in formaggio; le prime tracce di un allevamento di pecore e capre sono state trovate in Asia e risalgono al 7.000-6.000 anni a.C.

La mitologia fa risalire l’origine del formaggio ad Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene

Amaltea, nutrice di Giove e  proprietaria di una capra,  la avrebbe allevata in una grotta di Creta.

Zeus per ringraziare la ninfa per le cure apportate alla capretta, prese un  corno spezzato, che all’interno era vuoto e lo riempì di fiori e frutta

promettendole che da quel corno miracoloso sarebbe scaturito fuori ogni cosa che il suo possessore avesse desiderato, fra tali cose sarebbe scaturito il primo formaggio. 

Anche i Romani erano produttori e consumatori di formaggio; oltre al latte degli ovini, cominciarono a adoperare anche quello di vacca e appresero come stagionare il formaggio. 

Gli Etruschi  perfezionarono  l’uso di coagulanti di tipo vegetale, come il fiore di cardo e il latte di fico, e le loro tecniche di applicazione

tuttavia l’evoluzione  produttiva più importante risale al Medioevo nei monasteri   e, successivamente, i formaggi cominciarono ad essere apprezzati e a comparire sulle tavole nobiliari dell’Italia.

Le tecniche produttive si sono via via evolute, anche se dalla esistenza della miriade di produzioni tipiche italiane

si deve arguire che la produzione del formaggio è rimasta per molti secoli un arte di località, che ha interessato sia il territorio nazionale, che quello di tutti i paesi europei.  

La prima parte del Medioevo fu un periodo conflittuale per il formaggio,   generando pregiudizi, perché poco conosciuti erano i meccanismi di coagulazione e fermentazione 

in quanto erano visti con sospetto  e i trattati di dietetica ne limitavano il consumo, in quanto si riteneva che anche  piccole dosi di formaggio nuocessero alla salute;

nel Medioevo  il formaggio era considerato il cibo dei poveri, ma successivamente venne rivalutato, e questa pietanza sostitutiva la carne nei giorni di astinenza infrasettimanale, di Vigilia e Quaresima.

In quei secoli in Italia i formaggi più diffusi erano fondamentalmente due:

il Marzolino, di origine toscana, chiamato così perché prodotto a marzo, e il Parmigiano, delle regioni cisalpine, detto anche “maggengo”, perché prodotto in maggio.  

A partire dal XII secolo proprio nelle Abbazie di Moggio Udinese, Chiaravalle, San Lorenzo di Capua, nacquero il Montasio, il Grana e la Mozzarella di bufala

e  tante altre tipologie i formaggio diventate col tempo patrimonio alimentare italiano. 

Ai giorni nostri, il consumo di formaggio assume una notevole importanza, in quanto in alcune aree italiane la sua produzione  rappresenta un’aliquota media che è superiore al 40% della produzione complessiva alimentare;

è  necessario, tuttavia,  precisare  che si verifica una certa variabilità di situazioni nei diversi Stati membri:

in alcuni Stati il valore delle produzioni della zootecnia da latte e quella da carne supera largamente il 50% della relativa produzione agricola

ed in altri invece il valore di tali produzioni si mantiene  al di sotto del 30%.  

A fronte, di tale scenario, l’Italia occupa una posizione intermedia;

infatti  le produzioni zootecniche partecipano  alla produzione agricola nazionale con un’aliquota dell’ordine del 30%,

che si eleva al 50% ed oltre nelle regioni settentrionali e scende al di sotto del 20% in quelle meridionali. 

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