La lotta ai cambiamenti climatici

La lotta ai cambiamenti climatici: chiede coerenza e responsabilità, la politica è pronta?

La lotta ai cambiamenti climatici

È importante impostare le analisi e le interrogazioni utilizzando diversi registri. 

di Nicola Costa

Il prossimo futuro non promette bene, secondo gli esperti, sono previsti  alfine Luglio un aumento della temperatura del Mediterraneo fino a 32°C, proprio in Italia, sul bacino del Tirreno meridionale: temperature folli dell’acqua che ci porterebbero verso un clima tropicale, la famosa ”tropicalizzazione prevista dagli scienziati” con i relativi tornado o trombe d’aria che dir si voglia. 

Questa situazione estrema, ampiamente prevista e sempre ignorata, ora bussa prepotentemente alla nostra porta.

La causa principale, del cambiamento in corso va individuata, nell’aumento della CO2, nell’atmosfera. Le fluttuazioni, di questo gas serra, nell’atmosfera, seguono dei cicli millenari. Gli aumenti causano un aumento delle temperature. Più volte nel corso dei millenni gaia è stata oggetto di tale aumento, dovuto ad emissioni telluriche, con un conseguente clima tropicale, su buona parte del globo terracqueo.

cambiamento climatico – temperatura rilevata
dal 1850 al 2020

La diminuzione della CO2 ha determinato le diverse ere glaciali. Queste fluttuazioni, si sono verificate diverse volte, nel corso della storia della terra. Con periodi di transizione  di millenni, questo tempo, consentiva alle diverse forme di vita di adattarsi ai cambiamenti in atto.

L’utilizzo, a scopo energetico da parte del Homo sapiens, dei combustibili fossili, ha immesso e continua ad immettere in atmosfera, grandi quantitativi di CO2 in tempi brevi. La velocità di immissione, della CO2 è tale che i sistemi naturali di mitigazione della CO2, richiedono tempi lunghi rispetto  all’immissione; pertanto i cambiamenti climatici invece di avvenire in un arco temporale millenario, ora avvengono in pochi decenni. La conseguenza è una biosfera, non in grado di adattarsi a attuali sconvolgimenti. 

La crisi climatica in atto, ampiamente prevista e puntualmente arrivata nella sua forma peggiore. E’ dovuta principalmente alla parossistica condizione culturale che cartterizza la nostra società. 

In particolare,  la cosiddetta globalizzazione, ha incrementato e accelerato  la produzione di CO2. 

La globalizzazione,  è un fenomeno che viene presentato come un processo incontrollabile e autonomo,  al quale tutti ci dobbiamo sottomettere. 

La lotta ai cambiamenti climatici

Il mercato come tutte le cose umane non è né può essere un’ entità mitologica dotata di vita propria e di autonomia decisionale. Frasi come “ lo vogliono i mercati” o “hanno deciso  i mercati” sono privi di senso logico. Questa retorica che presenta il mercato globale come il processo ineluttabile al quale l’umanità  è sottomessa con, un a classe è la politica che ha abdicato alla sua funzione preminente. Una delle grandi “concezioni” emerse dall’Illuminismo è l’ idea che il “mercato”  sia un prodotto umano, e che quindi  come tutti i prodotti  sociali, sia modificabile da parte della società che l’hanno creato. 

Si può cambiare sistema? le priorità, possono essere cambiate?

Ovvero  di orientare le attività umane, verso una maggiore coerenza; nel quale la riduzione  e la mitigazione della produzione di CO2, sia perseguibile?  Oltre al politicamente corretto, che impedisce di descrivere compiutamente la realtà, la vera applicazione Killer è la supply chain. A tale  modalità produttiva è associata l’aumento esponenziale dell’aumento della CO2 in atmosfera.

Nel corso degli anni si è assistito ad un susseguirsi di modelli competitivi  e da una  intensità dei collegamenti tra le imprese della catena del valore e  delle applicazioni strategiche.

Recentemente si è affermato il ricorso a modelli organizzativi, o “network” di imprese, dove le relazioni si sviluppano secondo logiche multidirezionali ed il loro coordinamento è svolto da unità centrali.

Lo studio “Tightened constraints on the time-lag between Antarctic temperature and CO2 during the last deglaciation”, realizzato dal Niels Bohr Institute dell’Università di Copenhagen con l’Università della Tasmania e recentemente pubblicato su Climate of the Past, porta a nuove importanti rivelazioni circa il ruolo storico della CO2 nella regolazione della temperatura terrestre.

Si tratta di assetti basati su un ampio decentramento delle attività produttive finalizzate alla realizzazione di prodotti e servizi al minor costo possibile. Il successo di questo modello organizzativo si fonda sulla mancanza di etica produttiva. Questo modello, infatti sfrutta tutte le opportunità presenti nelle diverse nazioni, per realizzare il massimo profitto possibile, aggirando le norme sociali e ambientali presenti in occidente. Spostando i diversi componenti, da un punto all’altro del pianeta sfruttando il costo  dei componenti, e i regolamenti, in modo realizzare il costo di produzione più basso.

Tutta questa movimentazione, oltre a riversare inutilmente in atmosfera enormi quantità di Carbonio. Contribuisce direttamente alla distruzione degli ambienti che ancora sono rimasti integri, cooptando le classi dirigenti dei paesi a scarsa sensibilità ambientale alla distruzione degli ultimi paradisi rimasti; (vedi foresta pluviale)  eliminando di fatto i fattori che possono mitigare l’effetto serra indotto dall’ossido di carbonio o consentendo produzioni ad elevato impatto ambientale messe al bando in occidente, inquinando gli ambienti rimasti integri,  oppure delocalizzando quelle produzioni che in occidente hanno elevate tutele sociali invalidando di fatto tali conquiste. Quindi la retorica, del “fermare il cambiamento climatico”, è funzionale al mantenimento dello status quo. Ovvero alla continua immissione in atmosfera di quantità sempre crescenti di CO2 in nome del progresso.

La lotta ai cambiamenti climatici

Il vero contrasto al riscaldamento globale, passa dalla coerenza e dall’assunzione di responsabilità. Siamo preparati a un pensiero responsabile e coerente? 


Nicola Costa

Già medico veterinario presso UNICZ, ha studiato farmacologia clinica presso l’università di Napoli “Federico II” , collaborato in alcuni studi con il premio Nobel Rita Levi Montalcini . Convinto assertore della necessità di una nuova visione complessiva del modo con cui in Italia si dovrebbe gestire l’intera filiera agroalimentare per tutelarne le peculiarità legate alla biodiversità che nei tempi l’aveva contraddistinta.

Ti potrebbe interessare anche...