La Capra

Visione positiva delle sue corna secondo il popolo, un viaggio a ritroso nella storia alla ricerca dei mille intrecci di convivenza fra la capra e l’uomo

E’ interessante, a questo proposito, riflettere a proposito della concezione delle corna presente nella cosiddetta arte minore, ovverosia la testimonianza visiva offerta dagli ex-voto.
L’esempio in effetti proviene da un santuario dell’alta Valcamonica – zona lombarda tradizionalmente identificata dalla forte presenza degli allevamenti di capre
e poco ricettiva nei confronti dell’atteggiamento negativo associato a questi animali, da parte dell’età moderna –
un contesto senz’altro estraneo a un rigido controllo sulla aderenza dei contenuti con l’ortodossia dei contenuti,
che contraddistingue certamente le opere “ufficiali” derivate a essere esposte nei centri importanti o comunque nelle chiese parrocchiali.
Chiaramente si nota una “teologia popolare” che testimonia la presenza profonda e radicata nel tempo delle credenze di lungo periodo
che sopravvive a livello etnografico tramite riti e manifestazioni di livello secondario.
Se nelle immagini dell’Annuncio ai pastori da parte degli angeli, l’apparizione dei messaggeri divini è pensata come reale:
qui le pecore rimangono totalmente indifferenti al grande evento, preoccupate soltanto di mangiare;
qui la visione dei santi martiri intercessori presso la Vergine, è invece immateriale, spirituale (le nuvole ci trasmettono questa interpretazione).
Risulta perciò fuori luogo rappresentare le capre.
Eppure le capre nel dipinto, compagne di quella che giace a terra ammalata e per la quale è richiesto un miracolo chiedendo per lei la sua guarigione
alzano come i pastori gli occhi al cielo quasi anch’esse come i pastori chiedessero l’ausilio divino a difesa della propria compagna
La capra qui addirittura viene rappresentata non solo capace di provare sentimenti nei confronti di una loro simile
ma anche compartecipi con l’uomo di una sfera soprannaturale in coerenza con una visione animista presente nella cultura occidentale e cristiana fino al 1600.
In queste espressioni artistiche popolari compare chiaramente un simbolismo della capra con una connotazione positiva
non è difficile notare chiaramente l’influsso delle mitologie più antiche in particolare quella germanica, presente a livello di substrato culturale.
E tutto ciò non può no farci rimembrare alla larga presenza nel contesto folcloristico tedesco della capra.
Nel contesto nordico infatti alla capra si assegna un compito importante. L’animale ha infatti un ruolo e un’importanza assolutamente diversi, rispetto al contesto del Mediterraneo.
Un contesto in cui sicuramente è presente un’agricoltura poco sviluppata e poco estesa con un numero di persone limitato e spalmato su una superficie ricoperta da molte foreste.
In questi luoghi certamente l’economia si fonda più sull’aspetto pastorale, rispetto a quello georgico, ovviamente condizionato fortemente dal clima dell’Europa settentrionale.
La capra qui, risulta essere un’ottima alleata dell’uomo in particolare nella difficile impresa di sottrazione alla foresta di luoghi coltivabili. Qui due capre (Tanngnjostr e Tanngrisniv muovono il cocchio di Thor, dio molto importante dopo Odino).
Tanngnjostr e Tanngrisniv
Thor che assomma in sé il ruolo di divinità celeste del tuono e della fertilità (questo è un chiaro riflesso sincretico, che riunisce il livello religioso arcaico neolitico).
L’arcaicità delle immagini più antiche di Thor, ovvero in grado di spiegare bene il legame con la capra simbolo di fertilità, si evince dalle incisioni rupestri di Bohustan presenti nella Svezia del sud e derivanti dall’Età del Bronzo.
Thor
Il dio, che si riconosce dal martello, viene rappresentato in forma itifallica cioè con il pene in erezione con lunghe corna a luna, e con una testa animale molto allungata.
Tutti questi elementi fisici descrivono chiaramente la grande potenza del dio.
Un’altra capra, raffigurata nelle vicinanze di Ratisbona, fa sgorgare ininterrottamente l’idromele (cioè una bevanda alcolica prodotta dalla fermentazione del miele) per dissetare i guerrieri brucando in continuazione l’albero cosmico Laeradr.
Un modello che rende la capra appunto un simbolo di prosperità, fertilità e abbondanza che si ritrova nella Cornucopia (ovvero il corno dell’abbondanza originatosi da un corno della capra Amaltea, cioè l’animale che aveva allattato Zeus nascosto dalla madre in una caverna del monte Ida nell’isola di Creta).
Cornucopia
Nonostante il ruolo assai passivo della capra nello spazio dell’Europa del nord, la cristianizzazione poi ha portato pure qui una demonizzazione dell’animale (e del cavallo)
e il riconoscere con la capra il diavolo. E questo particolare ha attraversato numerose leggende popolari.
La forte presenza caprina nella mitologia (a differenza della pecora, che è completamente assente dai racconti mitologici e dalle rappresentazioni figurative) ha lasciato segni ben evidenti nell’immaginario popolare.
La capra di Yule
La capra di Yule (Yule è la festività sulla quale si è innestato il Natale nei paesi scandinavi) nella sua funzione di dispensatrice dei regali ai bambini rappresenta la sopravvivenza del ruolo simbolico di dispensatrice di abbondanza e di fertilità.
Anche se sostituita da Babbo Natale (diventandone l’animale che traina il carro dei doni) la capra di Yule in forma di bambola da regalare
o appendere all’albero di natale oppure come enorme fantoccio di paglia messo nelle piazze, rappresenta ancora oggi una tradizione vigente o tornata tale in Svezia.
In sostanza identifica chiaramente un esempio di legame tra la fertilità animale e quella vegetale, apparendo quindi un riflesso dei riti legati “allo spirito del grano” presente pure nel folclore europeo.
Rito questo presente ancora con Frazer nel primo Novecento con la presenza di un animale, spesso la capra, della quale si realizzava un simulacro (una bambola, come la capra di Yule).
Si usava a questo scopo l’ultimo mannello, o del legno, o ponendo delle corna o dei fiori sull’ultimo covone, o riconoscendo pure con la capra l’ultimo mietitore.
Richiami di un compito della capra sono ancora presenti nelle nostre tradizioni folcloristiche, nonostante queste siano state dopo la
Controriforma e l’epoca della caccia alle streghe fortemente permeate dall’equiparazione della capra con il demonio.
Sabbah
Ci sono ancora fortunatamente sopravvivenze dell’aspetto positivo dei caproni fatati così “denigrati” nelle storie del sabbah delle streghe.
In Carnia per esempio si racconta di un merciaio ambulante (ovvero un cramar), che trovandosi in Baviera e volendo ritornare a casa salì su un caprone che lo fece volare nelle Alpi.
Un’altra leggenda ancora positiva della capra, presente in Valcamonica, racconta questo: un orso cattivo aveva la sua tana sotto la rupe di Castel òrset (Angolo).
Uno scoiattolo, nel quale si era incarnata l’anima di una vittima, suggerì di preparare una bevanda da far bere all’animale composta da sangue di falco e latte di capra rossa.
Ma i pastori non avevano questo tipo di capre. Ma in una notte insonne un vecchio pastore sente un belato.
Lo segue arrivando fino ai piedi del monte Presolana e all’improvviso gli apparì una capra rossa su una parete rocciosa.
Il vecchio lentamente e con fatica la raggiunse e la munse. Tutto andò bene e l’orso sparì.
L’abitudine in effetti di collocare sopra le stalle e i fienili corna e teschi di capra, con un significato di protezione dal malocchio e propiziatorio della fertilità, è ancora presente e vivace nei nostri giorni.