IO STO CON LA “CABANNINA”


Io sto con la “ Cabannina”
Bud Spencer e Terence Hill nel 1979 sono protagonisti del film “Io sto con gli ippopotami” nei simpatici panni ,sempre impolverati, di due avventurieri alle prese con un trafficante di animali .
di Christian Rizza
Cambia il protagonista ma la trama del nostro percorso non vuole essere meno nobile ,rivolta verso la Cabannina
una razza bovina autoctona a rischio di estinzione ma ,grazie all’intervento di Slow Food e i Suoi Presidi ,sulla via di un netto recupero a garanzia di una importante risorsa del territorio e di tutela del paesaggio.

Alle spalle del promontorio di Portofino ,dove si estende la Val Fontanabuona, scolpita dalle opere di terrazzamento del antico sistema curtense, trova felice dimora la “ Cabannina “ ,efficace complemento di causa utile a raccontare la storia di una regione, dal punto di incontro fra uomini e produzioni casearie ,caratterizzata da rocce a strapiombo sul mare e da limitate piane utili all’allevamento di grandi mammiferi .
Rustica e piccola di dimensioni è dotata di grande agilità e ,così come il suolo restituisce moderati raccolti, concede una quantità limitata di latte ma contraddistinto
da eccellente qualità partecipe di profumi e sapori .

La letteratura casearia ligure è scarna di documenti utili a definire notizie e radici delle sue produzioni, convenienti nel tempo antico a soddisfare le esigenze di piccoli nuclei familiari la cui conoscenza è stata tramandata
attraverso la pratica ai discendenti e giunta fino alla contemporaneità grazie alla memoria dei nostri avi.
Con un idea implicita di dimostrazione , U Cabanin e la Prescinsèua ne costituiscono una prova pratica, poco conosciute al di fuori del territorio ma assolutamente necessarie nelle dispense dei genovesi

la prima ottenuta da solo latte di bovine di razza cabannina e destinata al taglio a coltello,
la seconda ,degna di essere fatta unico omaggio gradito al Doge dell’antica Repubblica, come indispensabile ingrediente della cucina tipica ligure .
Esiodo ,poeta greco vissuto intorno all’ VIII secolo a.C. ,anticipa notizie utili a rileggere il passato di un popolo, ritratto da un sistema di vita primitivo, dettato da una terra aspra e sterile ,obbligato quindi alla fatica e ai sacrifici per raccogliere i pochi frutti offerti dalla natura.

I presupposti concettuali di questa comunità vengono restituiti alla memoria come coraggiosi e nobili nell’affrontare i pericoli della vita così, soffrendo le influenze di Goti, Bizantini , Longobardi e Franchi in un susseguo di invasioni ,viene destinata nel tempo ,a un ruolo di supremazia nel Mar Mediterraneo .
L’arco scenico compreso fra l’XI e il XIIX secolo è cosciente della Repubblica marinara di Genova, riconosciuta dall’autorità Papale come “ Serenissima “ e raccontata dal Petrarca come “ una città Regale ,addossata ad una collina alpestre , Superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica Signora del mare”;
solo l’impeto di Napoleone, durante la Campagna d’Italia nel Giugno del 1797, la rassegna alla caduta senza riuscire a
privarla della consapevolezza di un valore assoluto.
Da Ponente a Levante ,dalla verde Provenza alla pianeggiante Toscana capitale dell’arte risorgimentale italiana, si estendono i fianchi delle montagne i cui occhi assistono alle imprese memorabili di Cristoforo Colombo di Mazzini e di Garibaldi
pionieri di sogni trasformati in realtà, restituendo la voce a un eco di grande ammirazione e, al tempo e nel loro insieme, celato nei lontani miti della protostoria deliziati dal canto del cigno
e ornati dalla preziosa ambra dove è facile confondere la leggenda con la storia.

Le malghe liguri ,un tempo colonie agricole e centri di condivisione difficili da vivere, consegnano prodotti caseari accomunati da rusticità e praticità,
il latte diventa materia prima preziosa da utilizzare nel modo più razionale e funzionale possibile ,destinando la parte grassa alla produzione del burro, usato in contrapposizione del costoso olio.

In questo complesso di circostanze prendono forma le produzioni del formaggio di Triora ,il
paese delle streghe, caratterizzato da una pasta dura e compatta
da degustare con pane e verdure di stagione così come il formaggio di Chiavari ,il San Ste, forte e saporito e considerato maggior risorsa economica utile come merce di scambio.

Fare menzione del Sarasso è traduzione di un concetto di frugalità ,il siero della residuo della lavorazione del formaggio dell’Alta Val d’Aveto sottoposto a nuova cottura si trasforma in una ricotta ,che salata e fatta stagionare ,si presta al conservazione e all’uso in cucina.

Con valore causale ,associato all’esigenza di forzare le capacità delle
risorse disponibili, si ricorda l’abitudine di vendere gli agnelli fatta promessa di restituire il caglio ottenuto dalle viscere dell’piccolo animale utile per le successive lavorazioni.

Il Bruzzo della Valle Arroscia raccontato agli inizi dell’Ottocento dal Cavalier Vittorio di Sant’Albino come una specie di cacio fortissimo fermentato e impastato con acquavite e spezie
spalmato sul pane diventa il pasto dei lavoratori dell’entroterra, mentre Pantaleone da Confienza ,medico dei Savoia
ci parla delle Robiole prodotte nei possedimenti dall’alta val Bormida appartenenti ai marchesi del Carretto
e fatte oggetto di desiderio per l’espressione di gusto eccezionalmente gradevole.

“ Ma se ghe penso allôa mi veddo o mâ
Veddo i mæ monti e a ciassa da Nûnsiâ
Riveddo o Righi e me s’astrenze o chêu “
E a ‘ste panse veue cose ghe daià
Cose da beive, cose da mangiä
Frittûa de pigneu giancu de Purtufin
Çervelle de bae ‘nt’ u meximu vin
Lasagne da fiddià ai quattru tucchi
Paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi
Le poesie, cantate da Gilberto Govi e da Fabrizio De Andrè ,vestono con cura l’anima di una città nostalgica sotto il segno della Lanterna,
raccontandola attraverso le persone più umili e semplici nel teatro dei caruggi del centro storico più grande d’Europa.
Non possono mancare le note del
violino di Niccolò Paganini ,anch’egli natale della Superba città ,e adornato da una proiezione artistica messa in relazione con un patto satanico,
ma le cui note armoniose e irripetibili, ricordano in qualche modo la suggestione del lavoro di abili contadini e pastori ,discendenti dei pari valorosi
antichi conquistatori delle vie marittime.

La realtà casearia ligure non conosce prodotti iscritti nel Disciplinare di Origine Protetta europeo ,ma vanta numerose produzioni agroalimentari tradizionali le quali, secondo l’osservanza di regole e procedimenti consolidati in un tempo non inferiore ai 25 anni
fissano con valore assoluto una
condizione irrinunciabile di appartenenza al territorio e al complesso delle memorie di genti votate al sacrificio e al lavoro.
Passeggiando per l’entroterra ligure non incontreremo Tom (Bud Spencer) ,troppo impegnato in Paradiso a mangiare fagioli accompagnati da qualche formaggetta delle Valli
un autografo a ricordo delle sue “imprese” ;
ma certamente avremo l’occasione di incontrare la simpatica Cabannina , ghiotta di erbe e foraggi, pronta a farsi inquadrare dalle fotocamere come indiscussa protagonista di una nuova produzione cinematografica ..
“ Io sto con la .. Cabannina”