IL SUONO DELLE CAMPANE


IL SUONO DELLE CAMPANE – Da una finestra aperta verso le Dolomiti, ricamate da stelle alpine e orchidee, entra il profumo dei gelsi in fiore, mentre caprioli e stambecchi lambiscono i prati, osservati nel volo di un aquila reale.
di Christian Rizza
Il paesaggio rosa con le ultime luci del giorno accompagna la lettura di un vecchio romanzo di Hemingway, il cui titolo “ Addio alle Armi”, suggerisce attente e attuali considerazioni ;
- scritto dalla stessa passione delle lacrime di Bora ,versate per il perduto amore per mano assassina del padre Vento e che spiegano la formazione dell’altopiano roccioso del Carso, colorato dalle rosse infiorescenze autunnali.

Accompagnata dal “Suono delle Campane”, nelle suggestioni della poesia di Pierpaolo Pasolini, il Friuli Venezia
Giulia quando “la sera si perde nelle fontane”, ricorda un antico teatro storico reso funesto da tragici eventi, ma monumentale dalla fierezza degli abitanti .
Invertire lo scorrere della sabbia, costretta nell’inesorabile freddezza della clessidra, per osservare il passaggio dei carri sotto il peso dei sassi del
Tagliamento
attraverso strade e sentieri, destinati al plasmarsi dei borghi rurali, descritti da linee di case aggrappate una all’altra,

come parte di un complesso fortificato al cui cardine si trova la città di Aquileia ,prima roccaforte rispetto ai più arretrati centri urbani di Forum Iulii ( Cividale del Friuli) e Glemona ( Gemona del Friuli)
destinate alle sedi del potere e a luoghi di scambi commerciali in epoca romana; germanici , slavi e latini calati in un medesimo sipario, sostituendo agli esigui indigeni una cultura custodita in medesime cinta murarie.
Barbari e Franchi sono una ricca
platea per gli storici interessati a questa regione ,ma niente in confronto alle vicende legate alla Repubblica di Venezia e al successivo dominio Austriaco,
- anticipando l’era moderna di una terra di confine ,costretta anzitempo alla coscienza di un insieme imponderabile di cause , rassegnandola a un percorso complesso, distinto da eventi e sentimenti carichi di lutto imprimendo la memoria di stragi e sciagure .
- Metafora di un fenomeno collettivo con un’idea di alternanza e combinazioni, è inserita in una entità geografica caratterizzata da una varietà paesaggistica notevole ,
dalle lagune del Mare Adriatico fino ai complessi delle Alpi Carniche e Giulie ,in mezzo una grande pianura attraversata dal fiume Tagliamento e dai suoi affluenti, dal Timavo ,dall’Isonzo e … dal Vajont capace di scavare nei secoli un’intera valle e sottoposto a un obbligo di lutto nella data del 9 ottobre 1963!


Considerato l’unico dell’intero arco alpino ed uno dei pochi in Europa a conservare l’originaria morfologia a canali intrecciati, per questa caratteristica di elevata qualità idromorfologica, nonché per l’unicità dell’ecosistema fluviale nel suo complesso, viene anche detto il Re dei fiumi alpini.
- Carnorum Regio ,la regione dei Carni, deve il suo attuale nome ai Longobardi insediati nell’antica Cividale, diventando parte della Regione storica geografica delle Tre Venezie come crocevia di interessi commerciali e militari ,
sopportando nel tempo miseria e fatica ma restituendo ai sui abitanti la fierezza di un carattere indomito nei colori smarriti dei paesi raccontati da Pier Paolo Pasolini.
Terra di pregiate uve bianche, ma anche di eccellenze della salumeria italiana, vanta una capacità realizzativa casearia improntata sulla praticità e sulla convenienza,
rivestendo un ruolo importante nella moderna economia regionale, sostenuta da nuove forze ma nate da antiche tradizioni:
in particolare tecniche di conservazione richiamate dalle scarse risorse, restituiscono prodotti di grande importanza ,apprezzati nel contempo
delle casate ecclesiastiche e tramandate alle nostre tavole dalla memoria degli anziani. Il contenuto dettato nel “Rerum Foro iuliensium” dallo storico Enrico Palladio

- vissuto nel XVII secolo, riserva alcune note sulle vicende di un sacerdote, considerato vizioso nell’animo e subdolo istigatore, il cui nome, Giacomo Marchi,
compare spesso nei registri della giustizia della Repubblica di Venezia; non da meno le Sue missive contengono richieste esose ,talvolta inclini a soddisfare consumi personali:
“Siamo ora al tempo delli formaggi asìni ,non vorrei succedesse qualche disguido per
tali frutti”
esortando in questo modo provviste necessarie alle proprie cantine.

- L’ ”Asìno” , dal paese Asio serrato in un circolo collinare lungo la vallata del torrente Arzino, deriva da una realtà remota
ottenuto dalla lavorazione del latte vaccino dei pascoli e stagionato in una particolare salamoia fatta di latte , panna d’affioramento e sale, invecchiata in tini di legno
e conservata per la produzione delle successive stagioni, arricchendosi sempre più di proprietà organolettiche.
La “ salmùeries ” ,questo il nome della particolare salamoia, è un sapere antico presente oggi in rare casere del Trentino
dove sono conservate soluzioni datate oltre 200 anni, iscrivendosi con pieno diritto al utopistico registro delle alchimie casearie.
Un concetto messo in dimora di sacrifici e stenti, impone motivi singolarmente nuovi, volti a minimizzare gli scarti in presenza di difetti di produzione
in questo modo di considerare interviene la consolidata tradizione carnica di ridurre in piccole parti i formaggi imputati di imperfezioni altrimenti destinati ad un rapido se non immediato consumo, impastandoli con sale, pepe, panna d’affioramento e latte ,quindi fatti maturare per circa 40 giorni,
dando vita al “Formadi Frant “ frutto di un orizzonte mentale tramandato nei secoli dall’insegnamento dei casari ai loro figli .

Lo stile linguistico di un popolo ,sviluppatosi nel miracolo del tempo, contiene nelle sue calate i caratteri comuni di un’etnia in relazione ai luoghi di appartenenza
così dalla finestra aperta sopra i vicoli dei paesi friulani, si possono percepire i discorsi in rima delle genti di passaggio;
il dialetto è popolo e il popolo è autenticità, lo spirito grafico delle poesie di Pasolini diventa testimone dell’importanza dei modi di parlare ,di dire ,di esprimersi sempre così simili alla grafica degli usi e delle abitudini
proprio come i profumi delle cucine segno profondo dell’anima familiare persa fra le
pieghe del tempo ma sopraggiunta con rinnovata affermazione.
- Figlia della montagna ma accolta nel Libro dell’ arte coquinaria del Maestro Martino, il “Frico” è un’antica ricetta dei pastori Friulani ,a base di formaggio Montasio grattugiato e messo a friggere in padella,

restituendo dal luogo più caldo delle case fragranze e profumi ,come un biscotto salato sinonimo di convivialità in famiglia ed espressione consapevole di una
manifestazione sociale mai persa.
E l’accezione figurata del Montasio, condiviso con il Veneto, si racconta dagli albori del XIII secolo non solo come bene di consumo ,nelle forme più giovani, ma anche e in particolare come merce di scambio; prodotto nelle malghe dal latte delle vacche appena munte e frutto dell’inventiva dei Frati Benedettini
deve le sue caratteristiche alla freschezza della montagna e alla qualità delle erbe dei pascoli.

Disponibile in quattro diverse tipologie, in base al grado di stagionatura, il Montasio è delizioso come formaggio da tavola e può essere utilizzato anche come ingrediente in moltissime ricette tipiche.
Unico formaggio iscritto nell’albo delle DOP rappresenta una forza dell’economia montana.
Le memorie di un passato rurale si confondono con un paesaggio moderno ,segnato in modo determinante dalla storia degli uomini e dal quadro degli insediamenti
attraverso una dinamica senza fine dai primordiali Castellari ,primi borghi fortificati, passando per la medievale Sauris isola germanofona fino alla cosmopolita Trieste ,
nella dinamica di una trama insediativa fondata su caratteri culturali e linguistici differenti ,ma perfettamente integratisi come comunità.
Il Friuli Venezia Giulia à davvero una finestra aperta sul mondo, e tanto l’impegno ideologico di Hemingway quanto l’espressione metaforica di Pasolini
nella complessità delle vicende narrate e vissute sulla propria pelle, rappresentano un
sistema ideologico da perseguire ,rifiutando ogni guerra con forza e determinazione.
In questo senso ,una finestra aperta verso le Dolomiti ,al suono delle campane e sotto il forte vento di Bora

vuole non solo raccontare i sapori e i profumi delle produzioni casearie ,ma restituire il desiderio di un mondo privo di ostilità consapevole e protettore dei valori della propria cultura.