Il Natale dei contadini

Il Natale dei Contadini. Il Santo Natale per l’antica civiltà contadina rappresentava un evento importante

Il Natale dei Contadini. Il Santo Natale per l’antica civiltà contadina rappresentava un evento importante

La devozione (devo donare l’azione), per la nascita di GESU’, veniva sentita da tutti.

Il digiuno natalizio era osservato già dal giorno successivo alla festa di San Martino. Privare il corpo di abbuffate o di lauti pasti era finalizzato ad accogliere l’Evento con animo devoto e purificato.

Il sedici Dicembre iniziava la novena di Natale.

Il tocco delle campane richiamava i fedeli alla S. Messa.

Le funzioni venivano svolte al mattino presto per non essere d’impedimento alle quotidiane mansioni lavorative.

Da ogni parte del paese e dalle campagne vicine, ricoperti con pastrani e cappelli, accorrevano pastori e contadini.

Prima di entrare in chiesa già si erano confrontati, scambiandosi pareri, su argomentazioni di vita pratica:ad esempio su come era meglio svernare o come predisporre le cunette nel terreno in presenza di copiose piogge o ancora dove e come procurare il fogliame per le bestie.

Non solo, quelli erano momenti d’incontro preziosi anche per accordarsi e barattare la paglia con la biada e persino animali con altri animali.

Le “parole” avevano grande valenza e il più delle volte erano sufficienti a che le cose andassero a buon fine.

Anche le donne, prima di entrare in chiesa, avvolte da sciarpe di lana, da loro stesse lavorate, chiacchieravano.

Parlavano di cucina, dei piatti che avrebbero preparato per il 25 dicembre, scambiandosi consigli utili a migliorare o a garantire la buona riuscita dei piatti stessi.

Né si facevano mancare accordi per scambiarsi gli ingredienti che qualcuna poteva possedere in eccesso mentre ad altre essere mancanti.

I giovanotti, qualche minuto prima che terminasse la Messa, erano già fuori dalla chiesa.

Una studiata strategia per poter meglio incrociare gli sguardi delle ragazze, che coperte dalla testa ai piedi correvano a casa per il freddo, turbate da quegli occhi assai eloquenti.

Il contadino di una volta , infatti, era di poche parole, preferendo la mimica alla conversazione, fra l’altro un tempo impossibile tra donne e uomini .

Alla ragazza cui era interessato, il giovanotto sapeva trasmettere il proprio desiderio con rispetto e pudore. La risposta d’accettazione a tale desiderio non era altro che uno sguardo ricambiato.

E se al mattino successivo capitava che gli occhi nuovamente si incrociassero, per il giovane , nonostante il duro lavoro, il freddo e il digiuno, la giornata diventava bellissima.

Spesso le Novene Natalizie sono state occasioni di “incontro”. Incontri particolari. Silenziosi. Occhi che si cercavano. Amori che sbocciavano e nuove famiglie che si formavano.

D’altra parte ci si accontentava di poco e si seguiva con rassegnazione tutto ciò che si giudicava appartenere ai “disegni Divini”e che omologava il modo di vivere all’insegna di una vera e propria filosofia

che ricordava che si nasceva per morire, che bisognava percorrere rassegnati le strade della vita che erano toccate e affrontarne le insidie con pazienza.

Ricordava che bisognava aiutare chi era in difficoltà ed eventualmente privarsi di cose utili per donarle a chi senza chiedere ne aveva bisogno,

che bisognava superare le avversità e le disgrazie con il silenzio e con il digiuno, cosicché da rafforzare ed arricchire gli animi.

Alla mezzanotte della Vigilia di Natale, si suonavano le campane. La gente si affacciava sull’uscio della propria casa.

I credenti rivolgevano lo sguardo al cielo per scrutare il passaggio della Cometa.

Quella notte s’avvistava una Stella/ la stessa sì sempre quella/ che accompagnò l’antico pastore/nella grotta dove nacque il Signore/ Il suo alone di luce addita/ e par che dica/ vai contadino anche tu/ a visitare il bambino Gesù/ Lui è là in qualunque ospedale/ tra chi soffre e sente male/ tra i senza casa e i disoccupati/ tra il terzo mondo e i menomati/ Con i vecchi soli negli ospizi/ poveri umili e senza vizi/ a costoro porgi il saluto augurale/ Gesù sarà contento e Santo sarà il Natale.

Certo Santo sarà il Natale, ricordando l’umanità vera, quella fatta di malessere e povertà ma anche quella fatta di piccole gioie, lontane dai falsi ideali di benessere sostenute dalla nostra modernità.

Convulsi acquisti inutili regali/ volano i prezzi a Natale/ divenuto evento commerciale/ l’avvento Spirituale/ un vero scompiglio/ per ogni padre di famiglia/ Perché non ritornare a fare da te/

biscotti in casa e tazza di caffè/ sorrisi sinceri una stretta di mano/ questi doni sono veri/

per l’autentico Natale

Natale in tavola……

La verdura di stagione che cresceva spontanea nei prati, veniva raccolta e cucinata.

La borragine, ricca di ferro, una volta pulita e bollita, veniva condita con sale, limone e olio.

L’ acqua di bollitura utilizzata per bagnare il pane raffermo..

La sera prima del 13 dicembre si mettevano a bagno, per 12 ore, possibilmente utilizzando l’ acqua piovana, le fave.

Il mattino successivo, ricoperte di acqua, si cuocevano nella pignatta (recipiente di terracotta) accostata alla brace del camino.

Una volta cotte venivano condite con semi di finocchietto selvatico, sale e olio.

Una porzione veniva offerta ai vicini e parenti.

Alimento tipico erano le anguille rinomate quelle pescate nei laghi.

Esse venivano mangiate la sera della Vigilia.

Le donne, onde evitare che scivolassero di mano, prima di affondare le mani nei secchi dove guizzavano dopo essere state pescate, si cospargevano i palmi di farina o di sale per afferrarle e procedere alla loro preparazione.

Le anguille si cuocevano con le verdure (senape, catalogna, cime di rape). Oppure erano cotte alla brace e condite con il sale e il limone. Oppure, tagliate in pezzi, infarinate e fritte nell’olio.

Il baccalà sostituiva le anguille. Era tenuto a bagno per diversi giorni fino a perdere l’eccesso di sale.

Dopo diventava ingrediente base per diversi piatti: cucinato con le patate oppure lessato, scolato e condito con poco aglio, limone, prezzemolo tritato e olio, infarinato e impanato poi cucinato nell’olio.

L’insalata riccia mischiata ad arance sbucciate e tagliate a quadretti faceva da contorno a tutte le pietanze.

Tale contorno veniva insaporito con alici sotto olio, aceto di vino e olio nostrano.

Pare che esso sia tornato di moda e venga utilizzato in diete dimagranti.

I dolci natalizi erano i crostoli fatti con: uova, farina, zucchero, vino bianco e olio.

La pasta ottenuta veniva tirata col mattarello in una sfoglia sottilissima.

Tagliata a strisce, si procedeva ad un intreccio particolare terminante in una forma circolare.

Le “rose” intrecciate venivano calate nell’olio bollente fino a diventare dorate.

Alla fine si condivano con il miele di fichi.

Il miele di fichi, in verità, era utilizzato per diverse finalità: per curare le bronchite, per sostituire lo zucchero.

Inoltre, aggiunto a neve granulosa permetteva gustose granite. Ma era anche spalmato sul pane a fette e diventava un ottimo dissetante se diluito in acqua fredda.

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