IL MONTEBORE

Il Montebore prende il suo nome dall’omonimo paesino, frazione del comune di Dernice, della Val Curone in provincia di Alessandria, spartiacque tra le valli del Grue e del Borbera, in cui viene prodotto ormai da secoli

“Il territorio su cui sorge Montebore, è molto roccioso. A differenza delle altre frazioni in cui l’agricoltura era fiorente qui, si è sviluppata soprattutto la pastorizia. Qui il latte era ed è particolarmente buono perché nascono ancora oggi ciuffi di timo tra le rocce e le pecore mangiando queste erbe rilasciano il profumo nel loro latte. Questa informazione la troviamo nelle prime pagine del romanzo ambientato a Montebore, “Folchetto Malaspina” di Carlo Varese, scrittore vissuto tra la fine del 1700 e la metà del 1800, cui è intitolato il liceo classico di Tortona

di Cristiano Sandona’

Un formaggio unico nel suo genere, dalle origini tanto antiche quanto leggendarie. Tuttavia, nonostante la fama,, nel secolo scorso ha rischiato di perdersi…  eccellenza casearia italiana, nobilitata dal Presidio Slow Food e inclusa nel registro PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del MIPAAF.

Montebore, un’antica storia tra nobiltà e leggenda 

Un leggenda narra che, nel 1489, fu l’unico formaggio servito al banchetto delle nozze tra Isabella d’Aragona e il Duca di Milano Gian Galeazzo Sforza

celebrate a Tortona (provincia di Alessandria).

La sua, infatti, è una forma davvero inusuale, rassomigliante ad una classica torta nuziale a più piani.

Leonardo da Vinci

C’è addirittura chi ipotizza che la particolare forma a torta nuziale sia legata al genio di Leonardo Da Vinci che di quello sfarzoso matrimonio fu cerimoniere.
La fama del Montebore, tuttavia, era già consolidata da tempo e se ne trova traccia in documenti che riportano addirittura al XII secolo,
Ma in epoca più recente, la sua produzione ha però conosciuto una battuta d’arresto che ha rischiato di causarne l’estinzione.
Negli anni cinquanta del secolo scorso, infatti, dopo la guerra, molti contadini e allevatori abbandonarono le valli e la vita di campagna e di questo formaggio si persero gradualmente le tracce fino al 1997

quando è stato avviato un progetto di filiera, che ha coinvolto anche la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino

e che ha portato a rintracciare le anziane donne depositarie della tradizionale tecnica di produzione.
Nel 1999 poi, grazie in particolare a due giovani produttori locali che in seguito hanno dato vita alla Cooperativa Agricola Valle Nostra

il Montebore è stato presentato al salone internazionale Cheese.
L’originalità della sua forma e le sue caratteristiche hanno conquistato critica e pubblico, contribuendone al definitivo rilancio, culminato nel 2001

con la definizione di un disciplinare di produzione e nell’istituzione di un Consorzio di tutela.

COME SI PRODUCE IL FORMAGGIO MONTÉBORE

Il Montébore si produce utilizzando latte crudo misto vaccino e ovino.

Il latte viene cioè scaldato fino a raggiungere una temperatura all’incirca di 36° C, al quale si va poi ad aggiungere il caglio naturale.

La rottura della cagliata deve avvenire rigorosamente dopo un’ora dal rapprendimento

e il risultato di tale procedimento sono dei grumi grossi come noci che vengono poi lasciati riposare per circa mezz’ora. 

Successivamente viene eseguita una seconda rottura che permette così di ridurre la dimensione dei grumi.

La pasta così ottenuta viene infine messa a scolare nelle tipiche formelle a forma di cilindro dal diametro decrescente

che andranno poi a costruire i vari “piani” della forma finale del Montébore.

Durante questo lasso di tempo il formaggio viene girato quattro o cinque volte

per poi procedere alla salatura manuale delle forme che avviene esclusivamente con sale marino.

In seguito le forme vengono messe a riposare in luogo fresco e asciutto per circa 10 ore.

Infine, le formelle vengono sovrapposte nella caratteristica forma a tronco di cono, il cosiddetto “castellino” costruendo così la caratteristica forma del Montébore per essere infine messe a stagionare per un periodo che può variare dai 20 giorni ai cinque mesi.

Il formaggio Montébore fresco è davvero ottimo da gustare a fine pasto grazie al suo gusto latteo e burroso

che si differenzia nettamente dagli altri formaggi per un finale che ricorda la castagna e le erbe di montagna. È davvero l’ideale anche per arricchire delle sfiziose insalate.

Il Montébore a lunga stagionatura può, oltre ad essere gustato su un prezioso tagliere di formaggi, anche essere grattugiato su carni fresche o sulla pasta.
Il Montébore è perfetto però, in generale, come formaggio d’eccellenza per rendere speciale ogni pasto della giornata:
fresco si sposa alla perfezione con il locale miele di castagno, con la marmellata di arancia e con la cugnà, tipica marmellata piemontese a base di mosto d’uva. 

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