IL CULATELLO HA ORIGINI ANTICHISSIME


Il culatello ha origini antichissime, ma fino a fine Ottocento era impossibile trovarlo menzionato in un testo forse per il pudore dei letterati dell’epoca dato che il termine era considerato volgare.

La tradizione storiografica orale narra che fosse già presente nel 1332.
L’occasione furono le nozze tra due rampolli appartenenti a rami secondari di nobili famiglie i Conti Rossi di Parma (Andrea) e i Conti Sanvitale di Fontanellato (Giovanna).

Fra i doni agli sposi figuravano alcuni culatelli, che gli ospiti del banchetto nuziale gustarono estasiati.
Un’altra voce, tra leggenda e storia, vede coinvolto Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano (1444-1476) che li ebbe in dono dalla famiglia dei marchesi Pallavicino
i cui vari ceppi della casata erano a capo di vari marchesati (Zibello, Busseto, Tabiano, Varano de’ Melgari, Polesine, ecc.).
Di entrambe queste notizie, come detto, non esiste documentazione scritta, quindi è vaga se non inesistente l’attendibilità
specialmente per quanto riguarda la prima di esse, che oggi si ritiene assolutamente inventata.
La prima documentazione scritta risale invece al 1735:

si tratta del “Calmiero della carne porcina salata”, una sorta di listino-prezzi redatto dal Comune di Parmadove vengono quotati anche i “Culatelli senz’osso: 19 soldi per libbra”
ma già nel 1684 compare un documento analogo del Comune di Piacenza noto come “Calmiero della Carne Porcina, & altro”
non si parla espressamente di culatello, ma di “Presutto senz’osso” che molto probabilmente corrisponde ad esso.
Questi documenti si replicarono periodicamente fino al 1805, dove, nel Comune di Parma, raggiunge la valutazione di ben “48 soldi per libbra”.
LAVORAZIONE

L’elaborazione deve avvenire nel territorio tradizionalmente vocato delimitato dal disciplinare.
Dopo aver proceduto all’asportazione della cotenna e alla parziale sgrassatura superficiale della coscia, il fascio muscolare viene separato dalle restanti parti della coscia.
Tale operazione viene eseguita con un taglio che, partendo da 4/6 cm. sopra l’articolazione femoro-tibio-rotulea
e passando aderente al femore per tutta la sua lunghezza, giunge a tagliare la coscia sino alla sua base.
Viene quindi asportato il femore e il grasso, avendo cura di lasciare in superficie
uno strato adeguato ad evitare una brusca disidratazione delle carni.
Alla fine dell’operazione la massa muscolare che si presenta con la caratteristica forma a “pera” può essere immediatamente o dopo opportuno condizionamento termico sottoposta alle successive operazioni.
L’operazione di salagione ha una durata che va da uno a sei giorni.
Per tale operazione è ammesso soltanto l’impiego di cloruro di sodio (sale da cucina), di nitrato di sodio e/o potassio alla dose massima di 195 p.p.m. e pepe in grani spaccati.
È pure consentito l’impiego di una concia composta da vino bianco secco e aglio pressato.
Successivamente la massa muscolare è posta in cella frigorifera ad una temperatura fra 0 e 5°C
per il tempo sufficiente ad ottenere il necessario assorbimento di sale.
In seguito i culatelli sono posti in cella di riposo;
il successivo insacco in budelli naturali e la legatura, possono essere effettuati durante o al termine della fase di riposo utilizzando vescica suina o peritoneo parietale e perirenale di suino.
Le due operazioni consistono nell’avvolgere il “muscolo” nella vescica urinaria del maiale e nel legarlo con diversi giri di spago

che, procedendo a spirale, vanno dalla base dell’apice, intersecandosi con altri giri di spago disposti in senso verticale.
La legatura o immagliatura del prodotto fresco deve essere ben stretta e serve per evitare che all’interno rimangano vuoti d’aria.
Col procedere della stagionatura, a causa del calo che subisce la carne, l’immagliatura si presenta via via più allentata.
Successivamente, prima della fase di stagionatura, si procede alla sgocciolatura delle masse muscolari per circa una settimana ed all’asciugatura che può variare da 30 a 60 giorni in funzione delle condizioni climatiche.
La fase di stagionatura deve essere condotta in locali ove sia assicurato un sufficiente ricambio dell’aria

a temperatura compresa tra 13° e 17°C e non deve avere durata inferiore ai 10 mesi a partire dalla fase di salatura.
Durante tale periodo è consentita la ventilazione, l’esposizione alla luce ed all’umidità naturale tenuto conto dei fattori climatici presenti nella zona tipica di produzione.