Il caglio vegetale

Il caglio vegetale utilizzato per la produzione di formaggi è ottenuto principalmente da Cynara cardunculus L. di lattice di fico (Ficus carica L.) e caglio zolfino (Galium verum L.).

Come anticipato nell’articolo precedente (formaggi prodotti da caglio vegetale) abbiamo voluto approfondire ulteriormente come redazione di ItalyVox l’argomento caglio vegetale, e durante la ricerca ci siamo imbattuti in un articolo di Antonio Pirisi.
Autore anche di un interessante volume dedicato ai formaggi della Sardegna (viaggi tra i formaggi, le tradizioni e la cultura casearia dell’isola) edito da Caseus Editore
Ecco di seguito alcuni passi tratti da un suo articolo pubblicato su Caseus.
Il caglio da cardo, si ottiene mediante l’estrazione con acqua degli enzimi presenti nei fiori (pistilli) di cardi del genere Cynara (principalmente C. cardunculus L., C. scolymus L., e C. humilis L.).
L’estratto acquoso di cardo è termostabile e presenta una elevata attività proteolitica, di molto superiore a quella
del caglio convenzionale (caglio liquido di vitello).Tuttavia tale caratteristica può comportare riduzioni nella resa casearia e difetti legati al gusto (amaro) e alla tessitura del prodotto.
L’ESTRATTO FRESCO DI CARDO CONTIENE PRINCIPALMENTE UN COMPLESSO SISTEMA PROTEASICO
Le proteinasi si trovano nella pianta, in particolare nei pistilli, probabilmentesottoforma di zimogeni e per questo l’attività coagulante dell’estratto cresce con il tempo, dopo l’estrazione.
Gli estratti attivi mostrano solo due proteinasi anche se recentemente è stato messo a punto un processo
attraverso il quale l’estratto grezzo di cardo viene trattato con (NH4)2SO4
a diverse percentuali tali da permettere il recupero di 3 proteinasi, consentendo in tal modo di accrescere il potere coagulante del caglio e nello stesso tempo di diminuirne l’attività proteolitica
I coagulanti vegetali per la produzione di formaggi di elevata qualità
Il comparto produttivo del settore lattiero caseario è attualmente investito da una flessione del mercato che con molta probabilità
nell’agroalimentare i consumatori sono sempre più orientati alla ricerca di prodotti caratterizzati da alti livelli di naturalità e gradevolezza
Suscita pertanto notevole interesse l’impiego di cagli, di origine vegetale, come sostituti di quello animale per la coagulazione del latte.
Ciò è dovuto, oltre che alla crescente difficoltà di reperimento del presame, anche a restrizioni di matrice religiosa (islamismo e giudaismo), etica e dietetica.
Cynara cardunculus
Il caglio vegetale utilizzato per la produzione di formaggi è ottenuto principalmente da Cynara cardunculus L. di lattice di fico (Ficus carica L.) e caglio zolfino (Galium verum L.).
Ficus carica L
Galium verum L.
Si tratta di tradizioni casearie antiche, tipiche del bacino del Mediterraneo mantenute in regioni come Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Puglia e Sardegna.
Gli estratti delle infiorescenze di cardo sono ben noti per le loro proprietà coagulanti e già impiegati nella produzione di formaggi ovini, sia a pasta molle sia semimolle.
Nel Lazio il Caciofiore è certificato come Prodotto agroalimentare tradizionale (Pat-Lazio)
Caciofiore di Colummella
in particolare nell’area della campagna romana acquisisce anche la certificazione di presidio Slow food con il prodotto “Caciofiore di Colummella”.
Pecorino delle Balze Volterrane
In Toscana si ricorda la Dop del “Pecorino delle Balze Volterrane”, ed in Sardegna il “Fiore Sardo”, altra Dop prodotta nelle province di Nuoro, Sassari e Cagliari.
Fiore Sardo
Caciofiore dell’Abruzzo
Con la stessa tipologia di coagulante si producono anche altre Pat regionali, tra cui il Caciofiore dell’Abruzzo prodotto con latte di pecora e la “Caciotta vaccina al caglio vegetale” prodotta nelle Marche con latte di vacca.
Caciotta vaccina al caglio vegetale
Oltre all’estratto di cardo, diverse sono le produzioni casearie basate sull’impiego del lattice di fico.
Caprino di latte di fico
Raviggiolo di pecora pistoiese
In questo ambito i formaggi più conosciuti sono: il “Caprino di latte di fico”, Pat della Regione Marche, il “Raviggiolo di pecora pistoiese” prodotto con latte ovino coagulato con una miscela di caglio animale e lattice di fico
Pampanella
la “Pampanella” pugliese, prodotta con latte vaccino o anche misto (vaccino, caprino, ovino) e la “Pampanella abruzzese Pat” prodotta utilizzando solo latte caprino.
Ficu
Il “Ficu”, formaggio prodotto da latte pastorizzato di capra della Razza Girgentana, è prodotto in Sicilia impiegando sempre come agente coagulante il lattice di fico.
Nella vasta configurazione presentata in merito alle produzioni di formaggi con caglio vegetale, le certificazioni di qualità con il marchio Dop sono state concesse soltanto a due di essi.
Per questo motivo, lo sviluppo di preparati a base di coagulanti vegetali standardizzati consentirebbe alle aziende del comparto l’inserimento in segmento di mercato più redditizio.
In particolare, la messa a punto di formulati commerciali a base di caglio vegetale (in forma solida e liquida)
caratterizzati sia in termini di potere coagulante sia di conservabilità, garantirebbe ai produttori incrementi delle quote di mercato attraverso processi caseari più efficienti.
La standardizzazione del processo produttivo, attraverso la definizione dei parametri ottimali di caseificazione e lo studio dell’attitudine alla coagulazione del latte
potrebbero consentire ai produttori di questa categoria di formaggi di beneficiare delle varie denominazioni di certificazione e tutela in uso nel settore enogastronomico tradizionale.
Presso laboratorio di Biotecnologie alimentari ed enologiche è stato messo a punto un metodo in grado di consentire la determinazione dell’attività coagulante di diverse proteasi vegetali
estratte da C. cardunculus, lattice di F. carica e di Carica papaya L.
Per ciascun estratto vegetale è stato definito il range ottimale della temperatura di coagulazione nelle diverse tipologie di latte (bufala, capra, pecora e vacca,).
L’Attività coagulante del caglio (ACL) è stata espressa come Unità Coagulante (UC) per mg di proteina
1 unità è definita come la quantità di estratto enzimatico necessaria per coagulare un determinato volume (ml) di latte in quaranta minuti alla temperatura di riferimento.
Di seguito la formula per il calcolo dell’ACL, dove T è il tempo (sec) necessario per la formazione del coagulo.
Nella foto successiva sono riportati i risultati preliminari della sperimentazione.
Per l’estratto di C. cardunculus è stata confermata l’efficienza tecnologica nel latte di pecora
buoni risultati sono stati ottenuti anche nelle altre tipologie di latte nell’intervallo di temperatura 50-60 °C.
buoni risultati sono stati ottenuti anche nelle altre tipologie di latte nell’intervallo di temperatura 50-60 °C.
Lo stesso è stato riscontrato per il campione di F. carica che, incubato con latte bovino, bufalino e caprino
ha mostrato le migliori performance coagulanti sempre nell’intervallo 50-60 °C, risultando comunque attivo anche agli estremi di temperatura di 25 °C e 70 °C nel latte di vacca e capra.
L’estratto di C. papaya non ha mostrato alcuna attività coagulante nel latte di bufala e, relativamente alle altre tipologie di latte
è stata misurata un’efficienza coagulante diversa con valori ottimali di temperatura molto variabili.
Nel latte vaccino e caprino, infatti, il campione è risultato efficiente a tutte le temperature testate, mostrando le migliori performance nell’intervallo di temperatura 37-60 °C.
Nel latte ovino, invece, la comparsa del coagulo è stata registrata solo a temperature superiori ai 50 °C.
In conclusione
i risultati ottenuti dalla sperimentazione hanno messo in luce come gli estratti vegetali di C. cardunculus, F. carica e C. papaya
sono tutti in grado di innescare il processo di coagulazione nel latte bovino, bufalino, caprino ed ovino.
C. cardunculus
Tra questi i più efficienti sono risultati i coagulanti estratti dai pistilli di C. cardunculus e dal lattice di F. carica.
F. carica
L’efficienza coagulante di tutti gli estratti vegetali analizzati dipende dalla tipologia di latte impiegato e dalla temperatura di incubazione.
Ma come avviene, materialmente, l’estrazione degli enzimi caglianti presenti nei pistilli del cardo?
Un amico casaro di ItalyVox ci ha descritto il suo metodo, un’operazione sicuramente artigianale, ecco, come avviene la preparazione di questo particolare caglio.
Si raccolgono dei cardi selvatici perfettamente maturi e sbocciati (quando hanno un bel colore violaceo intenso o fucsia intenso, dipende dal tipo di cardo).
Si tagliano dalla pianta lasciando circa 20-25 cm di stelo e si fanno dei mazzetti (con 4-5 cardi cadauno);
dopo aver steso un bel filo (come quello per i panni) si appendono i mazzetti a testa in giù in un luogo fresco (meglio una cantina a temperatura di 17-18°) e possibilmente semi-buio.
Trascorsi circa 20 giorni, utilizzando tutte le cautele per evitare le pericolose “punture” delle spine del cardo
si provvede ad estrarre gli stami e i pistilli: operazione da fare con delicatezza per evitare di romperli durante l’estrazione.
terminata l’operazione il mucchietto degli stami e pistilli immergere in una scodella piena di acqua calda a 42 gradi;
coperta la scodella con un piatto, si lascia a riposo per circa 24 ore.
L’acqua, possibilmente di buona purezza deve essere in quantità adeguata: rapporto di 1 a 10, ovvero per 50 grammi di stami e pistilli circa mezzo litro.
Trascorse le 24 ore, si prelevano gli stami e i pistilli dalla scodella, si schiacciano fra le mani per fargli rilasciare il liquido che hanno assorbito
e con l’aiuto di un velo a trama molto fitta si filtra il liquido (per eliminare ogni traccia di impurità è preferibile filtrare due volte).
Il liquido ottenuto, da conservare in frigo, è ora pronto per essere usato come caglio.
Volendo fare la prova ci si accorgerà che, una volta riscaldato il latte a 40 gradi circa, e versato il caglio di cardo che abbiamo ottenuto
(le proporzioni sono 500 ml per 100 litri di latte), il prodotto inizia a cagliare, dopo circa 90-120 minuti: un tempo più lungo, rispetto all’utilizzo di un caglio tradizionale di origine animale.