Fasi del processo caseario

Vediamo insieme in cosa consistono le fasi del processo caseario, come si arriva al prodotto finito e pronto per essere immesso nel mercato.



Latte
Appena munto il latte della sera viene refrigerato in potenti impianti frigo rapidamente, passando da 35°C a 4°C in 2 ore.
Questo permette di ridurre la carica microbica, ma i batteri vengono eliminati, come la lipasi, solo attraverso la pastorizzazione.
Il processo di refrigerazione modifica l’equilibrio del calcio attraverso l’acidificazione, e passa dunque da fase colloidale a solubile.
Con la refrigerazione avviene anche la solubilizzazione della caseina, con conseguente riduzione delle micelle, cioè provoca una presa di coagulo lenta e con coagulo molle.
Durante la refrigerazione avviene la separazione del grasso per affioramento o per centrifugazione, c’è quindi la correzione del titolo grasso.
Per standardizzazione del latte si intende:
utilizzo del latte di massa (preso da più stalle)
standardizzazione proteica (processo tecnologico)
standardizzazione del pH, dei sali (con aggiunta di cloruro di calcio), e del lattosio (processo tecnologico)

Omogenizzazione
Operazione molto rara per latte con scopi caseari. Si usa per produrre formaggi spalmabili, perché si vuole un prodotto soffice. Infatti questo effetto è dato dalle particelle di grasso che entrano nella maglia caseifici. Si usa anche per i formaggi erboranti perché nell’omogenizzazione la lipasi attacca più facilmente la sostanza grassa che irrancidisce.

Termizzazione
È usata per ridurre la carica batterica e per ristabilire le condizioni delle cascine del calcio di partenza.
Il latte viene posto a 68°C per 15” e poi raffreddato a 4°C. Questo processo non è utilizzato per il Castelmagno o per il Grana Padano.
Alternative alla terminazione sono la microfiltrazione che però è molto costosa e poco usata, e la bacterofugazione: delle centrifughe girano velocemente per separare i microrganismi. Con questa però separo anche la panna che poi raggiungo.
Trasferimento in caldaia + Correzione della temperatura
Il latte deve raggiungere 32-38°C, a seconda del formaggio che si vuole. Infatti più la temperatura sarà alta, più duro sarà il formaggio alla fine. Tutte le caldaie hanno un sistema di refrigerazione per inibire il lavoro degli enzimi a coagulazione terminata.
Aggiunta di innesti
Gli innesti sono microrganismi (batteri lattici, funghi etc) che modificano il prodotto e ne determinano le caratteristiche.
L’aggiunta avviene in caldaia.
Questo processo è vietato nel Castelmagno.
Gli innesti possono essere:

colture primarie: microrganismi lattici che devono essere presenti (in aggiunta o spontaneamente) perché controllano la caseificazione.
colture secondarie: microrganismi (muffe, funghi, batteri, microflora superficiale) per ottenere risultati specifici. Ad esempio funghi negli erboranti, nell’Emmental, nel formaggio a pasta molle etc.
Le colture primarie possono essere:
naturali: bisogna stare attenti all’utilizzo di queste perché possono modificare il Ph e sviluppare virus. Le colture primarie naturali si dividono ulteriormente in: — SIEROFERMENTO (lascio siero a riscaldare per 24h, e da questo si sviluppano batteri lattici. Aggiungo quindi il 2-3% del siero al latte in caldaia.) — SCOTTAFERMENTO (liquido sterile, quindi senza batteri lattici, lasciato dopo la produzione di ricotta, ed usato come substrato per far crescere altri batteri lattici. — LATTOFERMENTO (si fa fermentare il latte al caldo, e si sviluppano dei batteri, quindi si forma lo yogurt, e ne aggiunto il 2% al latte in caldaia.
selezionate: microbiologicamente pure, le colture sono liofilizzate e confezionate in comode bustine da versare in caldaia. Sono appositamente selezionate in base al tipo di formaggio che si vuole produrre. Ha molti vantaggi (controllabili, riduzione materiale, purezza) ma si perde la biodiversità del prodotto ed il contatto con il territorio.
autoctone: sono selezionate sul singolo prodotto o zone, e vengono poi moltiplicate (un esempio di utilizzo è la Fontina).
Aggiunta del caglio+ coagulazione
La coagulazione può avvenire in quattro modi, a seconda del formaggio che si vuole produrre.
con calore: usata raramente. Principalmente termina ma si aggiunge comunque il calcio e si acidifica. Le casine termoresistenti non coagulano, ma le sieroproteine con aggiunta di caglio inglobano le cascine quindi coprecitano. La temperatura che viene raggiunta sono gli 85°C per 5 min, con un Ph acido. C’è una resa molto alta, pari circa al 20%. Dal siero che rimane però non si può fare la ricotta. (produce un coagulo lattico)
acida: come per lo yogurt, il latte viene lasciato ad acidificare dai batteri lattici per 5-10 ore a pH 4-6: le casine precipitano e vengono usate per fare formaggi freschi. (produce un coagulo lattico)
presamica: dal nome del quarto stomaco del ruminante lattante. Avviene tramite la sostanza coagulante, il caglio. Il caglio può essere: — ANIMALE: da stomaco di ruminante ancora lattante, pulito, tritato, mescolato con sale fino, fino a diventare una pasta, che può essere usato in polvere o liquido, se prima disperso in acqua. Con questo tipo di caglio sorgono problemi di reperiblità e per l’opinione pubblica contraria — VEGETALE: da carciofo, cardo, fico, papaia. Attacca il coagulo e lo disgrega, spaccando le proteine. I formaggi sono molli ed amari. È il più usato. – MICROBICO: rientra in quello “vegetale” anche se prodotto da piante microbi (funghi) che producono enzimi. — MICROBICO GENETICAMENTE MODIFICATO: vietato in molte zone.
mista: insieme di due tecniche esposte sopra.
Gli enzimi presenti nel caglio (quindi usato nella coagulazione presamica) sono:
LIPASI: da effetto “piccante”
CHIMOSINA: forte coagulante, debole proteolitico (presente maggiormente in formaggi a pasta dura)
PEPSINA: debole coagulante, forte proteolitico (presente maggiormente in formaggi a pasta molle)
La chimosina e la pepsina sono segnati in rapporto (X:Y), ad esempio la robiola (20:80), o il grana padano (95:5).
Con titolo/forza, si intende quanto ml di latte si coagulano con 1 ml di caglio a 35°C in 40 minuti. Un caglio liquido ha un titolo basso (1:20.000 –> 20 lt) quindi è usato una produzione bassa; il caglio in polvere ha un titolo alto (1:200.000 –> 200 lt) quindi è usato per una grande produzione.
Come funziona la coagulazione presamica?
Gli enzimi del caglio reagiscono con le micelle attaccando la K caseina che si perde e si scioglie in soluzione. La micella rimane senza carica elettrica né acqua quindi precipita. Si legano grazie al calcio che fa da ponte, e unisce le micelle di caseina in una struttura solida.
I fattori che influenzano l’attività del caglio:
se aumenta la concentrazione del caglio, lo coagulazione sarà più veloce ed il coagulo più compatto ed elastico;
le temperature ottimali sono tra 40 e 42°C
tra 15 e 55°C gli enzimi lavorano, mentre non c’è attività sotto i 15 e sopra i 55°C.
pH: se c’è un ambiente acido, le casine che non sono state tagliate si neutralizzano.
Riposo
Il riposo dopo l’aggiunta del caglio varia dai 20 ai 40 minuti, per far completare la coagulazione.
Rottura coagulo
Più viene rotto il coagulo, più il formaggio sarà duro.
Gli strumenti per rompere la cagliata sono spino e lira, ma la cosa più importante è la punta, che determina la fuoriuscita del siero dalla cagliata.
Alcuni tipi sono, a seconda della grandezza del buco che provocano: arancia, mandarino, noce, nocciola, mais (da cui Fontina), riso (da cui Parmigiano).

Cottura
Durante la cottura della cagliata, questa va tenuta in movimento. La cagliata si contrae ed espelle il siero.
La spurga di siero avviene per temperatura (semicottura a 35/36 – 47/48°C, o cottura a 47/48 – 55/56 °C per Parmigiano Reggiano), e per microrganismi termofoli.
Il procedimento di cottura avviene attraverso prendendo la cagliata e mettendola in fascere (contenitori) che vengono poi immersi nel siero caldo a 70 – 80 °C. C’è un effetto di selezione della microflora, selezionando la temperatura in base alla resistenza dei batteri termofili.
Sosta sotto siero
Lascio la cagliata nel siero per 10/15 minuti, quindi la cagliata si lega ed i batteri si sviluppano bene.
Il siero è acido, quindi scioglie il calcio e le micelle di casina si legano con legami deboli.
Nel caso delle paste filate (tipo mozzarella), viene poi rimessa nel siero e lasciata per 4/5 ore, mantenendo caldo il siero.
Nel caso del Castelmagno, c’è una sosta sottomisero tra i 3 ed i 7 giorni.
Estrazione della cagliata dal siero
La cagliata viene estratta dal siero, da qui può essere messo in forma o subire il processo di filatura, nel caso dei formaggi a pasta filata.

Messa in forma
La cagliata estratta viene posta in contenitori forati. C’è una spurga del siero a seconda di quanto l’avevo rotta precedentemente.
Dopo un massimo di 30 minuti la cagliata è dura, e per favorire l’uscita del siero (“sineresi”) si procede con:
ribaltamento: per far uscire il siero anche dall’altra parte
frugatura: sbriciolo con le mani o con macchine la cagliata nella fascerà (chetar, castelmagno) ed aggiungo sale fine
fornitura: tecnica poco usata, avviene con un ago da lana. Faccio un buco, estraggo il siero e schiaccio la forma per farlo uscire completamente.

Pressatura
Più presso, più siero esce, più duro sarà il formaggio. NB: nonostante la durezza, Parmigiano Reggiano e Grana Padano non sono pressati.
La pressatura avviene grazie a presse, cioè delle panche di caricamento inglesi.
Stufatura
Il formaggio in fascera viene messo in un luogo caldo con del nylon pulito messo sopra.
Viene lasciato da 2 a 12 ore a 25-30 °C, con il 95% di umidità.
I batterli lattici termofili si attivano ed completano l’acidificazione.
Nel caso di stuccatura breve, la cagliata continua a spurgare siero, mentre questo non avviene nelle stuccature lunghe perché si crea una specie di pelle. Da stufature lunghe si hanno formaggi molli.
NB: pressatura e stufatura si escludono l’un l’altra.
Estrazione cagliata dalla fascera
Salatura
Comune a quasi tutti i formaggi, anche i filati, che qui si riuniscono al processo di caseificazione comune.
Il sale va dallo 0 al 15% nel prodotto finito. Normalmente si aggira intorno al 2%.
Il sale ha la capacità di controllare lo sviluppo di batteri lattici (più salo, meno microrganismi si sviluppano), favorire lo spurgo del siero, aumentare la gradevolezza del prodotto.
Ci sono quattro diverse tecniche di salatura:
nel latte: aggiungo del sale fino nel latte in caldaia, ma non è mai completa perché le cariche batteriche sono molto alte.
nella pasta: aggiungo sale fino nella cagliata durante la frugatura, ma c’è il problema di inquinamento. Anche questa è solo parziale.
salatura a secco: il sale grosso viene posto su entrambe le facce della superficie del formaggio, 24 ore per ogni faccia. L’operazione viene ripetuta su forme molto grandi. Viene fatta su qualsiasi forma di formaggio, ma c’è il problema di farlo su tante forme. Le croste del prodotto finito non sono edibili.
salatura in salamoia: le forme sono immerse in una soluzione di acqua e sale. Per ogni etto di formaggio, deve stare 1 ora in salamoia. Se la temperatura della salamoia è alta, il formaggio sarà più salato ma perderà struttura, mentre se la temperatura è bassa, il sale penetrerà di meno ma il formaggio sarà più duro. Ovviamente le forme galleggiano in salamoia, quindi per ovviare al problema giro le forme, ricopro la facciata lasciata scoperta di sale grosso oppure creo delle ceste che vengono immerse completamente.

Stagionatura + tolettatura + confezionamento
La stagionatura dipende dal formaggio finale.
Può variare da 0 giorni, a 5-15 giorni, a 2/3 mesi, fino a 9 mesi per il Grana Padano o 12 mesi per il Parmigiano Reggiano, o addirittura 10 anni per il Bitto in Valtellina.
La stagionatura avviene in celle di conservazione, che mantengono umidità 80/100% e temperatura 8/10°C.
Con tolettatura si intende mantenere pulita la forma.
Il formaggio viene poi confezionato, distribuito e venduto.
Crosta
Durante la stagionatura c’è la formazione della crosta.
Bisogna dividere la pelle (un sottile strato poco differenziato dal formaggio), la buccia (che ha consistenza diversa) dalla crosta.
Questa è ben differenziata, ed è fondamentale. Regala gli scambi d’aria e di umidità con l’esterno.
Subito sotto la crosta è presente l’unghia o sottoposta.
Le croste possono essere:
attive: i microrganismi presenti nell’unghia partecipano alla maturazione del formaggio, e la maturazione viene definita centripeda (dall’esterno verso l’interno), come nel caso del Brie o del Camembert.
passive: la crosta ha una funzione unicamente di protezione del formaggio verso l’esterno. Regola gli scambi ma non partecipa alla maturazione, che in questo caso è centrifuga (dall’interno verso l’esterno).
Altre tipologie di classificare le croste sono:
crosta fiorita: è una crosta udibile tipica del formaggio molle, in cui vengono aggiunte le muffettature esterne. È presente l’ammoniaca
crosta lavata: per far sviluppare le muffe, viene lavata con spugne o spazzole immerse in soluzione di acqua e sale. Solitamente puzzano. La crosta non è edibile.
crosta pulita: la crosta punti è oliata con oli che non irrancidiscono ed evitano lo sviluppo di muffe e funghi.
costa ammuffita: la muffa può essere a pelo di gatto quando c’è tanta umidità, cioè si sviluppo tanto in altezza. Tipica del Castelmagno, del Bra tenero, della Toma..
crosta trattata: con trattamenti speciali aggiungo erbe, cenere o altro.

Occhiatura
Durante la stagionatura avviene la formatura dell’occhiatura.
L’occhiatura è data dall’azione di microrganismi, e può essere divisa in:
voluta: i batteri lattici producono poco gas e formano occhi piccoli (Parmigiano Reggiano, Grana Padano).
I batteri propionici sono estremamente gasogeni e vengono aggiunti attraverso l’innesto (innesto secondario)
non voluta: coliforni, che sono dei microrganismi gasogeni anticaseari tipici del latte inquinato che danno origine ad alterazioni quali gonfiore precoce con conseguente esplosione. In caso di non esplosione, il formaggio è comunque “mitragliato”, pieno di occhi ed il sapore è amaro e salato. i clostridi sono gasogeni che provano gonfiore tardivo, tipico de Parmigiano reggiano e Grana Padano come difetto.

Nel Grana Padano viene aggiunto il lisozoma dell’uovo per inibire la proliferazione.
voluta o no a seconda del caso: i lieviti sono gasogeni che formano occhiature.
Il Gorgonzola è l’unico formaggio a cui vengono aggiunti, per gli altri è un difetto.
Fonti – Articolo WikiToLearn