Dove osano le vacche

Dove osano le vacche…o forse erano le aquile? Titolo che riporta la memoria a una produzione cinematografica datata nel 1968 ,diretta dal regista statunitense Brian G. Hutton e interpretata ,fra gli altri grandi attori, dall’intramontabile Clinton Eastwood .

di Christian Rizza

Verso la fine della II grande guerra, un reparto di uomini appositamente addestrati ,viene incaricato di liberare un generale statunitense prigioniero delle forze naziste in un castello celato fra le Alpi bavaresi e , per l’appunto chiamato “Il castello delle Aquile”.. 

Fortezza di Hohenwerfen, il castello delle aquile
In uno spettacolare scenario alpino sorge la Fortezza di Hohenwerfen, un castello medievale a 40 km da Salisburgo.

L’oggetto di interesse delle righe a seguire sono però le femmine adulte delle differenti razze lattifere e, il titolo del film preso in prestito ,

sono solo un motivo adotto all’introduzione di un tema di grande rilievo

aventi in comune la storia dell’uomo e il cambiamento di affetti e pensieri nelle differenti epoche. 

Le forma della cultura e della civiltà trasmesse attraverso l’eredità, rappresentano un valore evidente

dove le distinzioni fra le accezioni si identificano nell’opera stessa dell’uomo ,inserite non solo in un preciso contesto storico , ma anche in un determinato territorio.

Diventa così una chiara manifestazione istintiva di una realtà presente e passata dell’espressione manufatturiera e agroalimentare

unica e irripetibile al di fuori di un’identità geografica limitata. 

“Dove osano le Vacche” vuole salvaguardare le DIFFERENZE rendendo palesi gli indizi dei valori attinenti alla lavorazione dei latticini posti in collegamento alla ricostruzione cronologica degli eventi umani.

Entità adeguatamente reale ,dominata da ottimismo ma priva di presunzione. 

Il percorso introduttivo dei prodotti caseari è strettamente intrecciato all’avvicendarsi delle ere storiche

affondando le proprie radici negli aspetti necessari all’evoluzione dell’uomo descritti in particolare dall’evento storico collegato al Neolitico ,

diventando parte di una descrizione efficace dove il concetto di nomadismo viene sostituito a uno stile di vita sedentaria

via via ,in forme sempre più organizzate e regolate da rapporti tra individui in una determinata struttura

allo stesso modo ,connesso con una e una sola limitata area geografica , in forza dei caratteri climatici e morfologici .

Le consuetudini e la formazione intellettuale e morale di una collettività ,etimologicamente omogenea

si rispecchiano pragmaticamente sulle preparazioni alimentari, suggerendo notizie funzionali all’individuazione e allo studio delle variazioni qualitative e strutturali di un popolo. 

L’archeologia illustra le consuetudini ufficialmente accettate e adottate in contrapposizione alle differenti culture

,introducendo un immaginario viaggio nel tempo, sviluppatosi circa 6000 anni prima dell’avvento di Cristo:

L’agricoltura e l’allevamento determinarono la creazione e il diffondersi di strumenti necessari non solo alla lavorazione della terra, ma anche adatti alla trasformazione di prodotti di base in alimenti di più razionale e comodo utilizzo, primi tra tutti i derivati del latte. I reperti di casa Sollima fanno parte di quegli strumenti, anche per similitudine con altri territori con analoghe situazioni ambientali e uguali strumenti di lavoro trovati, che consentono, per tracce rilevate di lavorazioni del latte, di affermare che anche a casa Sollima si procedeva alla attività di caseificazione, con latte di pecora o/e capra.

sorvolando la città di Troina ,nella Sicilia centro orientale , testimone di inediti strumenti idonei all’attività lattiero casearia, spostandosi nel deserto di Taklamakan in Asia Centrale ,

luogo di incontro di differenti culture , dove gli scavi hanno restituito residui di composti riconducibili a latte fermentato (antenato del Kefir), senza dimenticare ,

in tempi ancora più lontani, eventi condizionati dal caso dove l’uomo ancora nomade e legato alla caccia

catturando piccoli mammiferi incontra il latte coagulato all’interno degli organi digestivi, riportandoci alla produzione del CALLU DE CRABEDDU 

(l’ultimo pasto di un capretto lattante stretto all’interno del suo stomaco con una corda e fatto stagionare ,preparazione ancora in uso presso pastori sardi dal sapore piccante e intenso ). 

La storia è una macchina a ciclo continuo , non si ferma mai e, nelle produzioni letterarie dell’antica Grecia riscopriamo nell’Odissea di Omero riferimenti precisi nello scontro fra Ulisse ,

come personificazione di genio e coraggio ,e Polifemo ,ciclope e pastore della mitologia greca dai caratteri grotteschi e primitivi

evidenziando quelle distinzioni di valori frequentemente invocate da greci e romani nelle distinzioni sociali :

nell’atteggiamento scenico, atto a simulare lo sfondo organizzativo connesso con le vicende della vita pubblica e culturale ,il latte e i suoi derivati,

vengono considerati primitivi di rozza natura, associati per lo più alle abitudini delle popolazioni germaniche riflettendone al tempo , nel loro insieme un aspetto negativo e infantile.

Nell’ambito di una supposizione astratta la raffigurazione di due civiltà ,quella romana colta

matura ed evoluta nello spirito e nella cultura, contrapposta a quella germanica rozza e primitiva, mettono in evidenza il totale rapporto di diversità anche nelle abitudini alimentari .

Sono il vino e cibi più sofisticati a rappresentare il fenomeno imperiale romano in antitesi con il latte e i suoi derivati ,correlati alle popolazioni barbariche .

Nella letteratura balcanica e in quella antica urbe sono numerose le illustrazioni suggerite e inclusive di motivazioni recapitando al latte

valori positivi legati strettamente alle esigenze nutrizionali dell’infanzia ma disconoscendolo in età adulta .

Dalla produzione letteraria di Omero ai pensieri di Aristotele e Ippocrate con l’intento di accostare la filosofia alla natura cercando di chiarire i processi di coagulazione del latte e le possibili influenze sulla salute dell’uomo ;

passando per le opere dei romani Varrone, Columella , Terenzio

Plinio il Vecchio

per non dimenticare Plinio il Vecchio custodi di un sapere ereditato dall’esperienza diretta e tramandato a loro volta alle generazioni successive, ma in ogni caso contrassegnati da un comune senso di avversione. 

  L’avvento del Cristianesimo e ,in particolare ,del Monachesimo definiscono un nuovo pensiero, attribuendo al formaggio un’accezione nuova e più favorevole;

Nel Medioevo il formaggio era il cibo degli umili per eccellenza. Benedettini, cistercensi, trappisti, francescani e domenicani sono all’origine di tanti formaggi leggendari

una dottrina fondata sugli aspetti fondamentali della vita in funzione del lavoro e della preghiera fino al concetto di rinuncia e di quaresima ,introducono i derivati del latte in una rinnovata abitudine gastronomica.

Ma non solo ,il risultato delle bonifiche sui territori sfigurati e sconvolti dalla caduta dell’impero romano e da eventi climatici estremi,

restituiscono grandi superfici coltivabili e confacenti all’allevamento di grandi lattifere, incrementando la disponibilità di latte e ,in forza ad un’accresciuta conoscenza ,

restituendo una migliore produzione casearia, destinata a un ruolo chiave nei rapporti fra agresti e proprietari terrieri come forma di pagamento dei canoni ,

emergendo inoltre con grande importanza come merce di scambio nelle relazioni commerciali. 

  L’esito nel quale si configura l’intenzione di “Dove osano le Vacche” definisce il suo aspetto nell’attività conoscitiva ,condizionata dall’esperienza e dalla metamorfosi del ruolo dei prodotti caseari convenientemente integrati fra le righe dei libri di storia ,

ponendosi come obiettivo la capacità narrativa di un luogo e delle persone ad esso strettamente congiunte. Il casaro ,il complesso di condizioni sociali, culturali e morali ;

l’entità geografica ,definita dagli aspetti e dalle forme del suolo e influenzata dall’insieme delle condizioni metereologiche . 

Stato di alienazione mentale ?

No .. Niente altro che decisa facoltà di tendere con decisione alla salvaguardia di produzioni artigianali, appartenenti al passato o al presente ,che sfuggono all’illusione della produzione di massa. 

  L’industria moderna ,motivata da profitti economici e stimolata dalle politiche europeiste, tracciate da un forte senso di avversione nei confronti di questo patrimonio,

indirizza l’attività produttiva sfruttando materie prime originate in luoghi differenti senza alcun rapporto specifico e sottoposte a determinati trattamenti tecnologici ,

ostentando vanitosamente motivi salutistici ma in realtà imponendo al commensale un generato omogeneo privo di personalità e disegnato da sapori monotoni e piatti, costringendo alla rinuncia di una voluttuosa soddisfazione del palato.

L’assenza di partecipazione e di corrispondenza, fra luogo di produzione e origine della materia prima, è causa prima del decadimento dei principi di unicità di un prodotto caseario ( ben inteso che questa regola vale per qualsiasi altro prodotto) privandolo di quella personalità indispensabile a rappresentare il complesso degli aspetti sociali di un gruppo etnico inserito in un determinato contesto storico e ambientale.. 

                                                                              Esprimendo gratitudine a tutte le razze lattifere 

A nome di tutta la redazione di ItalyVox e del direttore responsabile Cristiano Sandona’ diamo il benvenuto a Christian Rizza, nuovo e qualificato ingresso in veste di redattore della nostra rivista .

A lui auguriamo buon lavoro.

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