ANTICO STRUMENTO

Questo antico strumento è stato utilizzato nelle nostre campagne per anni immemori ma conserva ancora un importante posto simbolico nell’inconscio collettivo. 

di Cristiano Sandona’


Non è questo uno degli attributi di Chronos, il dio mitologico del Tempo e soprattutto della Morte, questo grande Triste Mietitore?

Crono e suo figlio” di Giovanni Francesco Romanelli. 
Wikimedia Commons / Pubblico dominio

In questi due casi, la moltitudine umana, rappresentata da un prato, attende, come l’erba prima della fienagione, l’inevitabile passaggio della lama che lo taglierà. 

da YouTube – tagliare l’erba come una volta


L’immagine era eloquente e, anche al di là della religione, colpiva l’immaginazione dei nostri antenati. 
È rimasto vivido nelle nostre menti fino a quando non è diventato universale.
La falce è anche, non dimentichiamolo, l’arma del contadino, quella che brandiva, con il forcone, durante le Rivoluzioni.

Molto antica, la falce fece probabilmente la sua comparsa nel mondo romano, intorno al 500 aC. era quindi utilizzato esclusivamente per il taglio dell’erba e sarà utilizzato solo per la raccolta dei cereali intorno al XVI secolo.

Prima di questo periodo regnava sovrana la falce, strumento molto più antico, di cui si possono trovare tracce a partire dal Neolitico. 
Si dice che la falce sia cinque volte più veloce della sua sorellina e per salvare chi la usa da una posizione piegata estremamente stancante. 
Il suo alto prezzo di acquisto spiega probabilmente il suo insediamento tardivo, soprattutto nelle piccole aziende che in passato costituivano la maggior parte delle aziende agricole.

Tradizionalmente, la falce è costituita da un lungo manico di legno (tra 1,40 m e 2 m)

con due manici (uno all’estremità e l’altro a metà altezza) e una lama curva e affilata che misura tra 60 e 90 cm.

  • Vediamo ora come veniva utilizzato questo strumento:


La lama doveva essere prima percossa regolarmente su un’incudine e con l’ausilio di un apposito martello. Questo delicato lavoro era prerogativa di alcuni falciatori “esperti” e aveva lo scopo di affinare il filo di lama.
Ogni 15-30 minuti (a seconda dello stato del terreno e della resistenza della pianta tagliata), il mietitore doveva fermarsi per affilare la lama con una pietra per affilare bagnata. 
La scelta di una buona pietra era importante, la migliore veniva dalla Lombardia. Dopo l’uso, la pietra veniva conservata in una custodia di legno o di corno chiamata “bara” e appesa alla cintura. Molte bare giacciono ancora qua e là in capannoni o fienili, iniziano a diventare oggetti decorativi.

Poi arriva lo sfalcio stesso:
l’uomo, è rivolto verso il prato che sta per falciare e deve, con flessibilità e senza forzare, compiere un movimento laterale del corpo per poi tornare al punto di partenza. 
Un buon tosaerba taglierebbe circa due volte e mezzo la lunghezza della sua lama, quindi una falce da 75 cm taglierebbe 175 cm di larghezza dell’erba. 
La falciatrice ha così tracciato un ampio sentiero in mezzo al prato, lasciando l’erba tagliata alla sua sinistra in un cumulo rettilineo: l’andana.

Un esempio nelle immagini,
Quando i tosaerba lavoravano sparsi su un prato,

il suono delle lame che tagliavano l’erba a ritmo suonava come il mormorio delle onde su una spiaggia. 
Su un terreno pianeggiante e privo di pietre, un uomo ha falciato circa 500 m2 all’ora. 
Ma spesso il terreno presentava molteplici ostacoli: ciottoli, cumuli di talpe, rovi…
È qui che i nostri antenati hanno dovuto mostrare il loro know-how ed elevare la falciatura al rango di un’arte! I falciatori a volte si cimentavano in vere e proprie gare di velocità e destrezza (gare che dovevano essere adatte ai proprietari dei terreni).

L’uomo in primo piano sta battendo la falce su una piccola incudine portatile, altri due uomini hanno smesso di falciare e stanno affilando le lame.

In molte aree d’Italia, a parte alcuni piccoli appezzamenti di grano saraceno e segale, si falciava principalmente l’erba.
Da metà giugno e per due mesi tutti gli sforzi dei contadini del comune furono dedicati alla fienagione.
Bisognava prima scegliere una giornata di bel tempo, senza temporali in prospettiva. 

Gli uomini si sono alzati prima dell’alba ed erano lì intorno alle 5 del mattino. 
Poi si sono messi al lavoro. Immagina… l’alba, la coorte di falciatrici sparse nel prato, l’ansimare degli uomini, il suono delle falci che tagliano l’erba a ritmo, le lame che tintinnano gioiosamente sotto la carezza della pietra da affilare. ..
Lo spettacolo doveva essere grandioso!
Intorno alle 6 del mattino una donna portava una colazione tanto attesa perché tutti già grondavano di sudore, ma il lavoro riprendeva molto velocemente. 
A mezzogiorno, quando arrivava il pranzo, il ritmo della falce era molto più lento che al mattino. 
Una buona zuppa di formaggio, pane e soprattutto vino rosso dava una spinta a tutti. 
Il lavoro continuò così fino al tramonto, con un altro intermezzo per uno spuntino.
Vi risparmio il lavoro dei rastrelli e dei forconi, dei carri, carichi di fieno fino al ribaltamento, sulla strada per la stalla… Era un periodo felice ma era anche il tempo delle 16 ore giornaliere!

La meccanizzazione, sin dagli anni ’50, ha relegato la falce a lavori ben precisi (terreni molto accidentati, passaggi stretti, argini, ecc.). Il recente sviluppo dei decespugliatori ne ha ulteriormente accentuato il declino. 
Curiosamente, è proprio il suo carattere ecologico che sta attualmente vivendo una timida rinascita di interesse nei suoi confronti.

Ma riusciranno i nuovi tosaerba a riscoprire la bellezza e l’eleganza del gesto dei nostri antenati?

  • Noi di ItalyVox pur comprendendo le nuove esperienze del settore che comunque deve guardare al futuro , non crediamo che questo accadrà, la poesia di queste immagini rimarrà inalterata nel tempo finché il tempo stesso inesorabilmente non se le porterà via con lui per sempre.

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